IT – Capitolo Due, la recensione

In coda al romanzo di Stephen King IT possiamo leggere una dedica che l’autore fa ai suoi tre figli: “il romanzesco è la verità dentro la bugia, e la verità di questo romanzo è semplice: la magia esiste”.

La magia esiste. Una frase semplice, musicale, perfetta come tagline di un film fantasy per ragazzi prodotto negli anni ’80. Il leitmotiv di un romanzo epocale, di una storia di formazione che ha segnato un’intera generazione, il sublime di un’opera che non risparmia crudeltà, orrore, angoscia. È quel fine liberatorio che permette ai bambini di crescere ma rimanere comunque Peter Pan, quella bugia che nasconde una verità universale.

Non sono molti i romanzi, in epoca contemporanea, capaci di sedimentarsi nell’immaginario di una generazione così come lo ha fatto IT (almeno non i romanzi obiettivamente di qualità) e, forse anche grazie alla miniserie Tv del 1990 che fu tratta dal romanzo, il pagliaccio Pennywise e il Club dei Perdenti sono entrati di gran foga nel background culturale di chi è stato adolescente negli anni ’90. A rinnovare questa tradizione ci ha pensato il regista argentino Andrés Muschietti imbarcandosi nella pericolosissima avventura propostagli dalla Warner Bros, ovvero dirigere il primo adattamento cinematografico del romanzo-fiume di King che, saggiamente, viene diviso in due capitoli.

IT – Capitolo Uno è arrivato nei cinema nel 2017 riscuotendo un tale successo di pubblico e critica da decretarlo il maggior incasso di sempre in campo horror, un onore ma anche un onere perché l’oggettivamente ottima prima parte è diventata un pericoloso ricettacolo di aspettative per la seconda parte, immediatamente entrata in produzione e attesa per il 2019.

IT: Capitolo due

Duole dirlo, ma IT – Capitolo Due non riesce assolutamente a mantenere le promesse, dimostrandosi un goffo susseguirsi di scenette mal legate tra loro che tradisce lo spirito del romanzo e sceglie inspiegabilmente di allontanarsi dal genere horror.

Avevamo lasciato il Club dei Perdenti ancora bambini, a Derry, intenti a giurare con il loro sangue che se Pennywise fosse tornato, loro sarebbero stati pronti a combatterlo ancora una volta. Sono passati 27 anni e Pennywise è tornato davvero: l’unico degli ormai ex ragazzini rimasto a Derry è Mike, che lavora come bibliotecaio e, resosi conto dell’infausto ritorno, si premura di contattare tutti i suoi amici, che non vede ne sente da molti anni. Bill, Beverly, Stan, Eddie, Ben e Richie, ognuno di loro vive con una macchia nella propria vita e reagisce in maniera differente alla telefonata di Mike. Non tutti faranno ritorno a Derry, ma ognuno di loro avrà un ruolo fondamentale nell’ultimo decisivo scontro con IT.

Se il Capitolo Uno aveva il pregio di prendere il materiale narrativo di King e rielaborarlo rimanendo però assolutamente fedele all’opera cartacea, all’atmosfera e al suo significato da grande romanzo di formazione, il Capitolo Due in maniera poco oculata prende una strada completamente differente, quasi ignorando eventi e personaggi del libro e inserendo un costante tono comico che è come un dolorosissimo pugno in un occhio.

IT: Capitolo due

I personaggi da adulti hanno una caratterizzazione psicologica basic e lo spettatore riesce a inquadrarli esclusivamente per quanto è stato raccontato della loro infanzia nel precedente film. Bill (James McAvoy) è uno scrittore di successo che comincia a sentire il fiato sul collo della sua celebrità e lascia il passo alle sue insicurezze, ma questo emerge solo dalle prime battute per andare a perdersi progressivamente nell’anonimato. Così come accade al personaggio di Bev (Jessica Chastain), donna autolesionista, incapace di livellare i propri sentimenti, recidiva nella scelta dell’uomo sbagliato accanto a cui vivere. Anche in questo caso i tratti salienti di un personaggio complesso e bellissimo sono sbrigativamente accennati nell’incipit e poi diluiti fino all’annullamento. Si tratta dei due personaggi forse più iconici del Club dei Perdenti, entrambi bilanciati da altri personaggi che condivido con loro la vita, Audra nel caso di Bill, Ted in quello di Bev. Intravediamo questi elementi rafforzativi nelle prime battute del film di Muschietti, poi scompaiono, inspiegabilmente messi da parte per far spazio a quasi 3 ore di noiosi e ripetitivi siparietti autoconclusivi in stile Piccoli Brividi che non portano concretamente da nessuna parte la storia. Così come sorprende veder letteralmente sprecato un personaggio fondamentale come Henry Bowers, burattino nella mani del Male, ago della bilancia nell’azione terrena di Pennywise, a cui sono dedicate poche scene, nessuna delle quali determinante nello sviluppo narrativo. Una scelta di sceneggiatura scellerata, pensando soprattutto alla monumentale durata del film, di fatto impiegata malissimo.

L’altra scelta che lascia davvero di stucco lo spettatore è il tono umoristico che accompagna costantemente l’intero film e che ne fa a tutti gli effetti una horror-comedy. Oltre alle ovvie e dovute scene con Richie Tozier (Bill Hader), divenuto uno stand-up comedian e quindi pronto a stemperare la tensione “per mestiere”, tutto il film vira in direzione della commedia, spesso con risultati tutt’altro che divertenti: perché irrita assistere a una scena dalla caratura drammatica che improvvisamente confluisce e termina con una risata, perché fa innervosire trovarsi dinnanzi a una gag comica lì dove l’intento primario sarebbe dovuto essere quello di spaventare!

Infine, ulteriore punto debole di IT – Capitolo Due, è la voglia di strafare. I milioni di dollari incassati dal primo film hanno alzato l’asticella della libertà creativa e il budget a disposizione, ma gli ingenti capitali, a quanto pare, hanno portato il processo creativo alla base del film in direzione sbagliata, traducendosi in un “hellzapoppin” di creature in CGI (spesso una mediocrissima CGI, tra l’altro…) e soluzioni visive sempre più grosse e spettacolari da ammazzare completamente quella magia di cui King parlava. In IT – Capitolo Uno c’erano una inquietante donna dal collo lungo, un lebbroso disgustoso e un pagliaccio dal ghigno malefico e dall’occhio strabico? Qui torna il lebbroso ma non fa più paura perché sbattuto troppo in faccia allo spettatore, abbiamo una gigantesca statua dalle sembianze di boscaiolo che avrebbe idealmente fatto felici i Ghostbusters della serie animata, una testa-ragno rubata direttamente da La Cosa di John Carpenter, un cagnolino-sorpresa e un’anziana signora in computer grafica. Poi c’è sempre Pennywise, ovviamente, forse meno presente con le sembianze da pagliaccio e, per estensione, molto meno inquietante di quanto non apparisse nel primo capitolo.

IT: Capitolo due

Un peccato davvero che Muschietti e il suo team non siano stati in grado di rimanere sui livelli del Capitolo Uno, anche perché il Capitolo Due parte con i migliori presupposti introducendoci all’orrore con l’episodio di Adrian Mellon (a cui da volto Xavier Dolan) e proseguendo con almeno una scena di grande impatto con protagonista una bambina vittima di bullismo. Una ventina di minuti abbondanti di ottime premesse che si perdono in una serie di scelte sbagliate, fino al “temutissimo” scontro finale, quello in cui fallì anche la miniserie TV di Tommy Lee Wallace e che non riesce a salvarsi neanche qui. Affossato dalla solita ingombrante CGI, una prolissità dannosa e la semplificazione del “Rito di Chüd” che lo rende di fatto inutile, l’epilogo lascia altrettanto l’amaro in bocca. Un peccato anche per l’ottimo cast messo su per dar corpo ai Perdenti da adulti, volti noti al grande pubblico – oltre ai citati McAvoy, Chastain e Hader ci sono anche Jay Ryan, Isaiah Mustafa, James Ransone e Andy Bean – che, a conti fatti, sembrano molto meno efficaci delle loro controparti da bambini, soprattutto a causa della scrittura dei loro personaggi.

IT: Capitolo due

Un doloroso passo falso e una prevedibile delusione per tutti, fan del romanzo, sostenitori del Capitolo Uno e spettatori del cinema horror in generale, che si trovano qui tra le mani un blockbuster per famiglie lontanissimo da quell’idea di orrore ancestrale, da quella parabola di crescita, da quel saggio sulla crudeltà della vita pensato da Stephen King.

La magia non esiste, almeno non al cinema.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • I primi venti minuti promettono benissimo.
  • La perizia tecnica nella confezione.
  • Tre ore impiegate malissimo.
  • Troppa ironia, inserita nei momenti sbagliati.
  • La scelta di un uso improprio della CGI.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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IT - Capitolo Due, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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