Cobra non e’, la recensione

Ma ve li ricordate gli anni ’90? Forse qualcuno che mi legge non era ancora nato, ma è stato un decennio assai strambo perché l’influenza degli anni ’80 sulla moda e sulla cultura di massa era ancora fortissima, solo che tutti ripudiavano la decade precedente e sembrava che si volesse andare avanti, cambiare, evolversi. Non era vero, ovviamente.

Al cinema ci fu la scoperta del pulp e questo avvenne grazie a Quentin Tarantino, che in due centri clamorosi – Le Iene nel 1992 e Pulp Fiction nel 1994 – ricodificò il linguaggio del crime movie influenzando in maniera indelebile il cinema di genere, che da quel momento in poi non fu più lo stesso. Nacquero proseliti, imitazioni, scopiazzature, omaggi a Tarantino, molti cineasti stimatissimi si sono detti influenzati dal suo stile irriverente, lo hanno fatto proprio e poi hanno seguito una strada personale (qualcuno ha detto Guy Ritchie?).

Tarantino, adorabile cinefilo, che è riuscito a fare tendenza rimasticando con intelligenza un cinema pregresso che l’ha cresciuto e che si è trovato, paradossalmente, ad essere lui stesso “cinema pregresso” per molti autori formatosi culturalmente proprio in qui “maledetti” anni ’90. Il problema di questo cortocircuito nasce nel momento in cui oggi, 2020, escono film “nuovi” che sembrano essere stati pensati quando Pulp Fiction era la novità in VHS sugli scaffali di Blockbuster, quando ti rendi conto che c’è qualcuno convinto che il cinema sia nato proprio con Quentin Tarantino. E non importa se negli ultimi 25 anni Tarantino si è evoluto e ha intrapreso strade che lo hanno portato al cinema bellico, al western e allo splendido e personalissimo omaggio alla Hollywood degli anni ’60, tanto rimarrà sempre il trucido individuo parodizzato a Mai dire gol con il personaggio Thomas Prostata, quello del “pulp, molto pulp… pure troppo!”.

Cobra non è

Questa lunga premessa per arrivare, appunto, al 2020 e a Cobra non è, esordio alla regia del salentino Mauro Russo che ha confezionato un film “pulp, molto pulp” guardando al cinema di Tarantino come lo farebbe un bambino che ha appena scoperto l’esistenza delle girelle di liquirizia della Haribo.

Partiamo subito dal dire che Cobra non è ha una confezione molto accattivante, derivativa all’ennesima potenza, ma c’è un certo gusto per la messa in scena, e non importa se le luci al neon oggi fanno tanto Refn, perché da questo punto di vista c’è coerenza. Il problema entra in ballo come il macigno rotolante di Indiana Jones quando dobbiamo approcciarci a tutti gli aspetti che fanno di un film… un film, appunto, e non solamente un gioco.

Cobra non è risulta un pasticcio sotto tutti i punti di vista: non c’è uno straccio di idea, non esiste scrittura, non c’è direzione degli attori, manca perfino una continuity convincente.

Cobra non è

Per raccontarvi la sinossi di Cobra non è, faccio riferimento direttamente a quella indicata sul pressbook del film perché, ad essere sinceri, nei 90 minuti scarsi di visione si crea molta confusione e si fatica anche a star dietro alla “trama”.

Cobra e Sonny, rapper e manager cresciuti nel degrado di chissà quale periferia, hanno trovato negli anni il loro riscatto attraverso la musica. Per risollevarsi da un imminente fallimento, Sonny ottiene un appuntamento con un’importante casa discografica e riesce a convincere il capo della major di una fantomatica collaborazione di Cobra con uno dei DJ producer più richiesti: LAZY B. Questo, contattato dal manager, accetta di entrare in sala di registrazione, ma all’ultimo momento, dopo un incontro per definire il tutto, cambia idea, aumentando la propria richiesta economica. Cobra scopre che Sonny ha già contattato un vecchio amico d’infanzia, l’unico disposto a concedergli un prestito: l’Americano, divenuto ormai un criminale. Dopo le varie rimostranze del rapper, che ormai è a un bivio della propria vita, i due giungono nella villa dell’Americano. L’uomo accorda il prestito ai due, ma in cambio chiede un favore: consegnare una valigetta a un uomo. Dal momento in cui la valigetta è nelle mani di Cobra e Sonny, i due affronteranno una serie di peripezie, fatte di equivoci caratterizzati da eccentrici personaggi e un passato mai dimenticato, che tornerà in maniera inaspettata, nella vita del rapper.

Già da questa sinossi, in effetti, si può intuire un inutile giro di parole per raccontare una vicenda in realtà semplicissima, ovvero quella di due poco di buono (non sono effettivamente criminali, ma si comportano come tali) che devono consegnare una valigetta senza conoscerne il contenuto e, lungo l’iter, hanno molti inconvenienti. Si, sono Jules e Vincent di Pulp Fiction, lo so… e in Cobra non è c’è pure una fantomatica valigetta dal misterioso contenuto che non verrà mai mostrato allo spettatore, proprio come nel celebre macguffin di Tarantino.

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Ma, visto che ci siamo, anticipiamo che c’è una scena di tortura che vede protagonista Nicola Nocella come aguzzino (la scena è stata diretta in amicizia da Ruggero Deodato come guest director; si, proprio il Deodato dei magnifici Cannibal Holocaust, Uomini si nasce poliziotti si muore e Inferno in diretta!) e che è palesemente un omaggio a quella de Le Iene con Mr. Blonde e il povero Marvin. Ma non finisce qui con il revisionismo tarantiniano! Ad un certo punto, senza un vero nesso logico ma per un’evidente esigenza produttiva e magari per smorzare la violenza e non beccarsi il VM, c’è una lunga sequenza fatta a cartoni animati come nella storia di O’Ren in Kill Bill. Un momento molto cool, va detto, ma a che pro per i fini del film e della storia?

La sceneggiatura degli esordienti Alessandro Giglio, Ivan Specchio e Angelo Petrella, oltre che molto confusa e confusionaria nell’inanellare personaggi ed eventi, è piena di ingenuità, con personaggi cattivi che si rivolgono tra di loro chiamandosi “ehi, capo” e piccoli furfanti che utilizzano un lessico perfetto e termini forbiti per creare un ossimoro tra l’essere e l’apparire, ma come abbiamo visto una miriade di altre volte anche in sketch da cabaret.

Cobra non è

Ma ci son anche problemi con gli attori perché coloro con un’esperienza sulle spalle, come il protagonista Gianluca Di Gennaro (Gomorra – La serie, Lo chiamavano Jeeg Robot, Zeta) o Denise Capezza (Gomorra – La serie, Baby) se la cavano senza problemi, ma gran parte del cast sembra completamente disorientato tra eccessi di over-acting non richiesti ed evidenti cattive caratterizzazioni dei personaggi.

In ruoli da cammeo ci sono anche noti artisti del panorama musicale come Tonino Carotone e Clementino (quelli che se la cavano meglio), Elisa e Max Pezzali (che imbarazzo, ragazzi, che imbarazzo…).

Si diceva della continuity ballerina. Il film è costruito con una divertita gestione a blocchi temporali che vanno da 14 ore prima a 7 secondi dopo passando per ellissi di tempo che si strutturano nell’arco di circa 24 ore. Solo che ad un certo punto, per raccontare un evento passato, si fa riferimento a 7 anni prima in cui gli attori – già molto giovani, come la Capezza, appunto – sono identici a come li abbiamo visti fino ad ora, solo con una parrucca bionda oppure un cappuccio sulla testa. Sospensione dell’incredulità? Si, ma fino a un certo punto.

Cobra non è

Mauro Russo viene dal mondo della musica, ha diretto centinaia di videoclip e questo influisce sia per la suddetta cura nella messa in scena, sia per il ritmo concitato che per l’importanza che la musica ha nel film. Lo stesso titolo è un chiaro omaggio a Kobra di Donatella Rettore, anche se la celebre canzone non c’è nella soundtrack e nessun uso viene fatto della musica pop ne richiami agli anni ’80.

Cobra non è sarebbe dovuto uscire nei cinema distribuito da 102 Distribution, ma l’attuale situazione di emergenza sanitaria da Covid-19 ha portato la distribuzione a un rilascio su Prime Video a partire dal 30 aprile.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una grande cura nella messa in scena.
  • Alcuni buoni attori che salvano in corner alcune scene.
  • Manca una scrittura vera e propria.
  • Confusione generale.
  • Insistito richiamo al cinema di Tarantino con almeno 20 anni di ritardo.
  • Attori costantemente sopra le righe.
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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Cobra non e', la recensione, 4.0 out of 10 based on 1 rating

2 Responses to Cobra non e’, la recensione

  1. Fabio ha detto:

    D’accordissimo su tutto, film pessimo,salvo solo la bella e brava Denise.

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  2. Emilio ha detto:

    orrendo

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