Drive-Away Dolls, la recensione

Siamo nel 1999, c’è una valigetta misteriosa, dei killer prezzolati pronti ad impossessarsene, personaggi grotteschi ad ogni angolo e un paio di eroi(ne) – che di eroico hanno ben poco – coinvolte loro malgrado in una serie di eventi paradossali. Praticamente tutto lo scibile del pulp è presente in Drive-Away Dolls, compresa una collocazione temporale che rimanda immediatamente proprio al decennio di maggior fortuna cinematografica per il genere. A firmare questo pamphlet, che potremmo definire pulp for dummies, è Ethan Coen, che insieme al fratello Joel ha contribuito in maniera fondamentale e indelebile a costruire il mito delle storie crime più divertenti, paradossali e sanguigne. Ma, purtroppo, Drive-Away Dolls è un disastro sotto tutti i punti di vista, una copia sbiadita e goffa proprio di quelle opere che hanno fatto salire il cognome Coen nell’Olimpo dei grandi del Cinema.

La libertina Jamie è in fuga da una relazione finita male con la sua spazientita e violenta ragazza Sukie; Marian, invece, vuole staccare la spina da una routine noiosa e un lavoro privo di stimoli. Le due amiche decidono allora di unire le forze in un viaggio verso la Florida: Marian sceglie Tallahassee come meta così potrà andare a trovare la zia che non vede da anni, Jamie, invece, approfitta della compagnia per dar sfogo alle sue pulsioni libidinose e fare il tour di tutti i lesbo-bar dello Stato. Le due prendono un drive-away, ovvero noleggiano gratis un’automobile con il compito di consegnarla a qualcuno che l’attende proprio nel loro luogo d’arrivo, ma non sanno che nel bagagliaio della loro auto c’è una valigetta con un contenuto preziosissimo che doveva essere affidato a una coppia di criminali senza scrupoli. Ora i due sicari sono alla ricerca della valigetta e non si fermeranno davanti a nulla per entrarne in possesso.

La sinossi di Drive-Away Dolls parla chiaro: siamo nella più classica delle comfort zone del crime-pulp. E questo non è di certo un male, se si è disposti a passar sopra una trama che ne ricalca molte altre, anche perché c’è sempre la possibilità di trovare sorprese in itinere, o geniali riflessioni metanarrative. Purtroppo nulla di tutto ciò accade nel secondo film da solista di Ethan Coen (il primo era il documentario Jerry Lee Lewis: Trouble in Mind) e Drive-Away Dolls è esattamente un crime-pulp che sa di già visto in ogni singola sequenza, con l’unica variante del punto di vista LGBTQ+ e l’aggravante che manca quella freschezza, quella genialità e quel divertimento che hanno caratterizzato i film dello stesso genere firmati dai Coen. Anzi, per certi versi, Drive-Away Dolls sembra una copia maldestra dei film dei Coen degli anni ’90, quelli che poi esordivano straight-to-video e ci ritrovavamo direttamente sugli scaffali di Blockbuster. Dove il grottesco è talmente esasperato da fare il giro e diventare ridicolo, le scene ironiche si basano solo sulla volgarità sia linguistica che delle azioni, e i personaggi per apparire sopra le righe si comportano in maniera stupida.

Avete presente i film della Troma? Drive-Away Dolls è quella roba lì, naturalmente senza il sangue e le tette. Un Faster, Pussycat. Kill, Kill! wannabe che al massimo arriva ad aspirare un confronto con Bitch Slap – Le superdotate. Un b-movie che forse non avrebbe voluto esserlo, con dialoghi esasperati ed esasperanti che non portano a nulla, volgarità a go-go che dovrebbero far sorridere ma per lo più risultano imbarazzanti e noiosi intermezzi psichedelici che acquistano un senso solo all’ultimo quando compare in un cammeo Miley Cyrus. E in cammei ci sono anche Pedro Pascal e Matt Damon che in questo caso funzionano un po’ come specchietti per le allodole, mentre i ruoli principali sono affidati a Margaret Qualley e Geraldine Viswanathan: la prima – lanciatissima – l’abbiamo vista e apprezzata in C’era una volta a… Hollywood e Povere creature!, la seconda in Bad Education e nella serie tv Miracle Workers.

Non si sa davvero a chi consigliarlo questo Drive-Away Dolls perché se avete amato il cinema dei Coen questo davvero lo manderete giù a fatica, se invece siete completamente fuori da quelle dinamiche pulp grottesche e criminali, questo film non fa di certo al caso vostro essendone uno dei più scalcinati rappresentati che si siano visti negli ultimi anni. Dimentichiamo e andiamo avanti, ma la promessa da parte di Ethan Coen e la co-sceneggiatrice/montatrice Tricia Cooke (sua moglie nella vita) di avere in programma una trilogia non è di certo allettante.

Drive-Away Dolls arriva nei cinema italiani il 7 marzo distribuito da Universal Pictures, inspiegabilmente solo in lingua originale sottotitolato in italiano.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Le due protagoniste, Margaret Qualley e Geraldine Viswanathan, hanno la capacità di reggere sulle proprie spalle l’intero film.
  • Una storia già raccontata (e meglio) in molti altri film.
  • Stupido e inutilmente volgare.
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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Drive-Away Dolls, la recensione, 4.0 out of 10 based on 1 rating

One Response to Drive-Away Dolls, la recensione

  1. fabio ha detto:

    Mi sa che i Coen funzionano meglio assieme, già Macbeth di Joel era bruttarello forte, questo non l’ho visto ma mi ispira zero 🙁

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