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Marilyn Burns, intervista alla final girl di Non aprite quella porta

Con l’uscita, in esclusiva Netflix, del nono film della saga di Non aprite quella porta, che si pone come sequel diretto del capolavoro diretto da Tob Hooper e arrivato nei cinema nel 1974, torna anche il personaggio di Sally Hardesty, una delle primissime final girls della storia del cinema horror nonché prima superstite delle criminose gesta del gigante armato di motosega Leatherface. Nel film diretto da David Blue Garcia a interpretare una attempata ma combattiva Sally Hardesty c’è l’attrice irlandese Olwen Fouéré, ma la Sally Hardesty originale era impersonata da Marilyn Burns che purtroppo ci ha lasciati nell’agosto del 2014.

Fragile e allo stesso tempo incredibilmente combattiva, la Sally di Marilyn Burns è un po’ il prototipo delle scream queen con un carattere ancora in via di delineazione ma già in possesso di tutte le caratteristiche che avrebbero consacrato questa tipologia di stereotipo da cinema horror.

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Non aprite quella porta, la recensione del sequel Netflix

In un rinnovato slancio orrorifico tra le icone cinematografiche del genere, che ha visto il trionfale ritorno di Michael Myers nella nuova saga sequel di Halloween diretta da David Gordon Green, il rinnovato interesse per Ghostface con il “requel” Scream di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, una svecchiata per il boogeyman Candyman nel tardivo ma efficace sequel di Nia DaCosta, le nuove avventure per il piccolo schermo della bambola assassina nella serie Chucky e l’imminente attesissimo ritorno di Pinhead in versione transgender per il reboot di Hellraiser, c’è posto anche per la motosega rombante di Leatherface in un sequel diretto a Non aprite quella porta (1974) che approda direttamente su Netflix dal 18 febbraio.

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La motosega di Leatherface torna a rombare: le edizioni Midnight Classics di Non aprite quella porta e Non aprite quella porta 2

Midnight Factory prosegue imperterrita nella creazione di un catalogo home video tra i più preziosi che un estimatore del cinema horror possa chiedere, fatto degli ultimi titoli cult provenienti dal mercato internazionale e dei più grandi capolavori del panorama horror del passato. A quest’ultima categoria appartengono le proposte della collana Midnight Classics, che negli ultimi sei mesi ha visto nascere limited edition ricchissime di extra di capolavori del calibro di L’armata delle tenebre, Carrie – Lo sguardo di Satana, Il tunnel dell’orrore e Il ritorno dei morti viventi. Questo mese, in tempo per un’idea regalo di Natale che farebbe felice ogni vero horrorfilo, arrivano in limited edition Non aprite quella porta e Non aprite quella porta 2.

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Legami di sangue: le 10 famiglie più terrificanti del cinema horror

In occasione dell’uscita del film La casa delle bambole – Ghostland, il nuovo brutale horror di Pascal Laugier, nei cinema italiani dal 6 dicembre distribuito da Midnight Factory (etichetta di proprietà di Koch Media), vi proponiamo un breve (ma intenso) excursus attraverso le famiglie disfunzionali del cinema di paura.

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Leatherface, la recensione

Arriva un momento in ogni grande saga horror in cui le idee finiscono. È una questione fisiologica: dopo 5, 6, 7 film, ci si comincia ad arrampicare sugli specchi. Qualcuno sceglie di far scontrare i villains rappresentativi del franchise con improbabili nemesi o tra di loro, qualcun altro si abbandona all’inevitabile remake e poi c’è chi esplora le origini con immancabili prequel. A quest’ultima soluzione ci sono passati un po’ tutti, da Freddy Krueger con sprazzi nel sesto film a Michael Myers nella versione di Halloween firmata da Rob Zombie, fino a Pinhead e i suoi cenobiti con frammenti di passato nel terzo e quarto film della saga di Hellraiser. All’appello mancano giusto due “mostri”, Jason di Venerdì 13, di cui però il passato lo conosciamo bene fin dal primo film attraverso flashback e racconti, e Leatherface di Non aprite quella porta, la cui storia è sempre stata un po’ fumosa a causa di un caotico andirivieni all’interno della saga, dove tra reboot, remake e sequel “traditori” si è riscritta di continuo la mitologia e l’albero genealogico.

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