La Corte, la recensione
Secondo film francese in concorso alla 72^ Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, L’hermine, che in Italia arriva con il titolo La Corte, piace al pubblico del Festival ed è una commedia piccola ma apprezzabile.
Xavier Racine è il Presidente di una Corte d’assise in toga di ermellino (l’hermine significa appunto “l’ermellino”). E’ un uomo insofferente, spesso di cattivo umore, piuttosto odiato in tribunale. Un giorno, si ritrova a dover giudicare le sorti di un uomo accusato dell’omicidio della sua bambina, che ha prima confessato e poi ritrattato. Il caso non è semplice, anche perché l’imputato si rifiuta di rispondere alle domande. Tra i giurati, c’è anche Birgit Lorensen-Coteret, un’affascinante e matura anestetista di origini danesi, che Xavier conobbe anni prima e amò praticamente in segreto. Non l’ha mai dimenticata e, quando se la ritrova di fronte, riprende un corteggiamento maldestro ma agguerrito.
La Corte ha il merito di tentare un’insolito mix di generi, incrociando la commedia romantica col dramma giudiziario. E la convivenza tra i generi funziona perché il regista lavora su due linee diverse. Inoltre, pur giocato unicamente sui due protagonisti principali, non manca di caratterizzare anche gli altri personaggi.
Il film è un simpatico ritratto di un piccolo uomo, un’innocente tragedia di un uomo ridicolo. E il dittongo amore/tribunale presenta più analogie di quanto si creda. Racine e Birgit finiscono piuttosto per studiarsi senza mai sapere come andrà a finire tra loro, esattamente come i giurati studiano gli imputati senza mai pretendere di conoscere la verità.
La Corte si è aggiudicato ben due premi al Festival di Venezia: la Coppa Volpi per migliore interpretazione maschile per Fabrice Luchini e il Premio Osella per la migliore sceneggiatura.
Il film arriverà nelle sale italiane il 17 marzo distribuito da Academy Two.
Claudio Rugiero
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