Letto N. 6, la recensione

Letto N. 6

L’Italia ha una importante e fortunata tradizione nelle ghost stories cinematografiche che va a braccetto con la nascita e lo sviluppo del cinema horror nostrano. Il problema è che questa stupenda tradizione si è fermata ormai da quasi quarant’anni!

Salvo sporadici tentativi di percorrere il genere, spesso da parte delle frange più indie del nostro cinema, l’horror italiano che ha fatto scuola nel mondo è rimasto alla metà degli anni ’80, quando già le eccellenze italiane zoppicavano, le produzioni erano sempre più esigue e povere e i maestri di un tempo o erano già scomparsi o stavano progressivamente abbandonando i film dell’orrore, lasciando tutto nelle mani di “giovani” già affermati come Dario Argento e Lamberto Bava.

E nella golden age dell’horror made in Italy svettava proprio la ghost story, con film imprescindibili a firma di Mario Bava, Riccardo Freda, Antonio Margheriti, che si ascrivevano per lo più al filone gotico raccontando maledizioni famigliari, magioni infestate e temibili bambinetti fantasma. Un nobile filone che si è andato a perdere negli anni, nonostante sia oggi il più praticato dall’industria cinematografica horror internazionale grazie ai grandi successi prodotti da Jason Blum e all’interessante scuola europea, spagnola in testa. È proprio a quest’ultimo panorama che sembra guardare – e attingere – Milena Cocozza per Letto N. 6, esordio alla regia di un lungometraggio dopo una lunga e importante gavetta come aiuto regia (da Lezioni di cioccolata a Song ‘e Napule).

Presentato in anteprima mondiale al 37° Torino Film Festival, nella sezione After Hours, Letto N. 6 nasce da un’idea dei Manetti Bros. che l’hanno sviluppata in sceneggiatura insieme al loro collaboratore Michelangelo La Neve e prodotto con il contributo di Carlo Macchitella e RaiCinema. Un iter abbastanza simile a quello di un altro apprezzabile horror arrivato sempre in periodo estivo un paio di anni fa, The End? L’inferno fuori di Daniele Misischia, che si legava a uno specifico filone del cinema horror – in quel caso lo zombie movie – rielaborandolo in ottica italiana.

Letto N. 6 racconta la storia della giovane dottoressa Bianca Valentino che viene assunta in un ospedale pediatrico per coprire i turni di notte nel reparto ortopedia. La precedente dottoressa si è suicidata gettandosi dalla finestra della sua stanza, la stessa stanza che ora ospita ogni notte Bianca. La donna, già al suo primo turno di lavoro, fa la conoscenza di un bambino che occupa il posto letto numero 6, un bambino agitato perché la sua mamma non lo viene a trovare. Ma quello che sembra un incontro di routine con un piccolo paziente qualsiasi, per Bianca si trasforma in un vero e proprio mistero, visto che il letto n. 6 non è assegnato a nessuno e di quel bambino, il giorno dopo, non c’è traccia. Forse suggestionata dalla tragica fine della sua collega, Bianca comincia a convincersi che dietro la facciata di normalità dell’ospedale si nasconda un terrificante segreto e con l’aiuto dell’inserviente Francesco comincia a indagare.

Seguendo un percorso molto classico che parte da un mistero per svilupparsi in indagine, Letto N. 6 fa suoi un po’ tutti i cliché della moderna ghost story mostrando una particolare affinità proprio con il cinema spettrale di produzione europea. Riportando prepotentemente alla mente sia Fragile di Jaume Balaguerò che The Orphanage di Juan Antonio Bayona, Milena Cocozza dirige un film molto basico nella struttura narrativa che si affida alle ottime atmosfere per costruire un senso di inquietudine crescente. Buona parte del merito della riuscita di Letto N. 6 va infatti alla gestione della location, un austero edificio romano ricavato dagli spazi dell’ex ospedale Forlanini, illuminato in maniera suggestiva (da Francesco Amitrano) per garantire giochi con il vedo-non vedo utili a gestire il senso di vulnerabilità della protagonista. Il film riesce molto bene in questo: lo spettatore riesce a immedesimarsi con Bianca, interpretata da una Carolina Crescentini decisamente convincente, e segue con lei lo sviluppo della storia con un progressivo sconfinamento nel soprannaturale.

Ovviamente la sceneggiatura prevede che lo spettatore dubiti della sanità mentale della protagonista, del suo lasciarsi suggestionare dal luogo, dal suicidio della sua collega, nonché dalla gravidanza che sta conducendo in segreto per non avere problemi con il lavoro. Ma gli iniziali dubbi lasciano presto il passo a conferme che ancorano Letto N. 6 direttamente al genere horror. A tal proposito, il film si apre proprio con il cruento suicidio della precedente dottoressa che con quel passaggio di testimone alla nuova turnista ricorda un po’ Suspiria di Dario Argento, film in parte richiamato anche dalle ricerche della protagonista e dai giochi cromatici che interessano alcuni ambienti.

Interessante l’innesto di alcune scene oniriche, come quella della stanza inclinata, che fa molto Mario Bava, anche se non ha una reale utilità narrativa. E proprio parlando di economia narrativa, risiede il principale difetto di Letto N. 6. Siamo dinnanzi a un film decisamente troppo lungo per quello che ha da raccontare, quasi due ore di durata che tendono a diluire una storia molto semplice e schematica con ridondanze e momenti esplicativi che si potevano anche trascurare, così come appare intruso il subplot che riguarda la vita matrimoniale di Bianca così incentrato sul mostrare un rapporto di mancata fiducia con il marito interpretato da Pier Giorgio Bellocchio.

Come avrete capito, inoltre, Letto N. 6 è ben lungi dall’essere un film innovativo o originale, sicuramente neanche ambisce a ciò, ma se avete un minimo di alfabetizzazione al genere e avete visto quei 5/6 titoli che sicuramente l’hanno influenzato, potreste anticipare passo passo ogni sviluppo narrativo. Insomma, quello di Milena Cocozza è un film consigliato soprattutto a un pubblico meno avvezzo al genere horror perché sicuramente potrebbe goderne e spaventarsi più di un horrorofilo d.o.c.

Letto N. 6, inizialmente previsto per un’uscita al cinema nel mese di giugno distribuito da 01 Distribution, a causa delle conseguenze dell’emergenza sanitaria è stato dirottato direttamente su Sky; potete trovarlo in VOD su Sky Primafila fino al 9 settembre e, in seguito, sarà disponibile su Sky Cinema.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una buonissima gestione degli spazi e dei giochi di luce.
  • Confezione impeccabile.
  • Brava la Crescentini.
  • Sa tutto troppo di già visto.
  • 117 minuti sono tanti per un film che racconta questa storia.
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Valutazione: 6.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Letto N. 6, la recensione, 6.5 out of 10 based on 2 ratings

5 Responses to Letto N. 6, la recensione

  1. Paolo Appignanesi ha detto:

    Interessante e di piacevole visione che ci ha tenuti davanti alla TV in ansiosa visione!!! Ho individuato la location del Forlanini ma vorrei sapere dove sono state girate le brevi sequenze nella meravigliosa biblioteca! Grazie Paolo Appignanesi

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    • Lorenzo ha detto:

      Il posto che cerchi è la biblioteca casanatense, situata vicino la fontana di trevi.

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      • giorgio ha detto:

        ottimo x una regista italiana e il cinema made in italy.speriamo che le prossime produzioni la eguaglino.

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  2. giorgio ha detto:

    ottimo x una regista italiana e il cinema made in italy.speriamo che le prossime produzioni la eguaglino.

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  3. Rino Tripodi ha detto:

    Quarto capolavoro horror all’italiana in ambiente italico targato Rai Cinema (e fruibili gratis su RaiPlay) dopo il capolavoro “Il signor diavolo” di Pupi Avati e i già mitici “Peter Cruel” e “Fairytales” di Christian Bisceglia e Ascanio Malgarini. Una Roma poco solare: entro un ospedale pediatrico cattolico, fantasmini malvagi, ninne nanne inquietanti, un doppio mistero celato ipocritamente. Un po’ ripetitivo e schematico, ma mette davvero paura…

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