L’uomo del labirinto, la recensione

Con 3,7 milioni di euro incassati in Italia e vendite un po’ in tutto il mondo, La ragazza nella nebbia si era contraddistinto come una delle sorprese del panorama cinematografico italiano del 2017, a maggior ragione se pensiamo che si trattava di un’opera prima e abbracciava un genere come il giallo/thriller che ormai in Italia è diventato appannaggio di tanta (pessima) fiction, latitando il grande schermo da anni. Proprio quell’ottimo risultato ha fatto sì che venisse immediatamente messa in piedi la produzione di un altro film scritto e diretto da Donato Carrisi e basato su un suo romanzo, L’uomo del labirinto.

Uscito nelle librerie con proprio mentre nei cinema usciva La ragazza nella nebbia, il romanzo L’uomo del labirinto riprendeva un personaggio che Carrisi aveva già utilizzato in altri sui romanzi, facendone qui quasi un “macguffin”, cosa che ovviamente si perde nell’omonimo film che invece potrebbe essere vissuto quasi come un “capitolo zero” di una possibile saga cinematografica. Ma se con La ragazza nella nebbia avevamo assistito a un ottimo esempio di cinema thriller con colpi di scena ben architettati e una tensione costante, L’uomo del labirinto arranca nel tentativo di tenere le fila di una storia troppo grossa e troppo complessa per essere svolta con efficacia in poco più di due ore di film, con il risultato che la densa narrazione perde pezzi durante lo svolgimento e la suspense decresce col passare dei minuti.

A distanza di 15 anni dalla sua scomparsa, Samantha Andretti viene ritrovata in un bosco, disidratata, denutrita e in stato confusionale, sotto l’effetto di una droga allucinogena. Mentre il Dottor Green cerca di ricostruire cosa è accaduto alla ragazza in tutti questi anni, il detective privato Bruno Genko, che quindici anni prima era stato ingaggiato per ritrovarla, riapre il caso cercando di chiudere con un successo la sua carriera e la sua vita, visto che un’infezione al cuore lo sta lentamente consumando.

L’uomo del labirinto condensa almeno due film in uno: da una parte abbiamo una articolatissima detective story che strizza l’occhio palesemente al True Detective di Nic Pizzolatto; dall’altra un claustrofobico interrogatorio tutto giocato sul piano psicologico, con uno psichiatra intento a dare una forma ai ricordi confusi di una giovane vittima di rapimento. Due storyline che prese singolarmente sono assolutamente vincenti, soprattutto l’indagine di Genko affidata a un Toni Servillo meravigliosamente in parte, capace di coinvolgere e trasportare lo spettatore.

Il problema sussiste nel momento in cui dobbiamo far confluire queste due anime della storia, un obiettivo comune che è tale solo nel finale ma con la sensazione che ci sia più di un buco di sceneggiatura nell’incastrare due piani narrativi ben distinti. Questo dato fa emergere l’origine letteraria del materiale, si nota che c’è molta, troppa carne al fuoco che su un romanzo può essere gestita con successo ma se trasposta al cinema diventa oggetto di compromessi e scelte. In L’uomo del labirinto, pur non essendo mai dovuto ricorrere nella “riduzione” drastica, Carrisi condensa molto di quel materiale: eventi, personaggi, suggestioni, indizi, colpi di scena che in appena 130 minuti lasciano quel senso di smarrimento e confusione e in un paio di occasioni generano seri dubbi di coerenza narrativa interna.

Un altro k.o. del film è la prevedibilità del racconto. Nonostante il fitto intrigo di eventi, per una mente allenata è davvero semplicissimo decifrare gli indizi e arrivare al colpo di scena finale con un larghissimo anticipo e questo accade proprio per quelle scelte di adattamento che tendono anche a semplificare l’andamento giallo del racconto.

Un merito enorme di Carrisi è la scrittura dei personaggi. Avevamo già notato nel film La ragazza nella nebbia che i personaggi avevano una grande cura capace di far entrare lo spettatore nelle loro vite, e in L’uomo del labirinto questa sinergia autore-personaggi-spettatore viene replicata e amplificata. Bruno Genko, Samatha Andretti (Valentina Bellé), ma anche personaggi più piccoli come il poliziotto Simon Berish (interpretato da Vinicio Marchioni), perfino l’uomo sfregiato che ritrova la vittima. Ognuno di loro ha un particolare fascino e una storia interessante alle spalle che anche se solo accennata riesce a coinvolgere.

Interessante (e per certi versi coraggioso per un film italiano) la scelta da parte di Carrisi di creare un vero e proprio mondo partendo da zero. L’uomo del labirinto si ambienta in un’epoca e un luogo imprecisati in cui vecchio e nuovo coesistono senza soluzione di continuità, il caldo opprimente e gli incendi incontrollati affliggono scenari e persone, i paesaggi ci suggeriscono un’ambientazione europea (è stato girato quasi interamente negli studi di Cinecittà) ma alcuni personaggi sono chiaramente di origini statunitensi. Insomma, un melting pot di culture, ambientazioni e suggestioni che sembra voler dare risalto a un degrado psicologico oltre che fisico che spesso e volentieri si manifesta attraverso scenari apocalittici e personaggi sgradevoli, mostri.

Un lavoro singolare, non c’è che dire, esemplificativo anche di un’ambizione produttiva non indifferente che ha portato ad avere in un ruolo di rilievo Dustin Hoffman, che permetterà a questo film di essere esportato in tutto il mondo con estrema facilità.

L’uomo del labirinto ha tanti pregi perché dietro c’è un lavoro enorme e anche inedito per un prodotto italiano “di genere”, ma allo stesso tempo è schiavo della sua origine letteraria, di un adattamento forse svolto di fretta o forse figlio di un processo che ha stentato a “stravolgere” il materiale d’origine per farlo vivere adeguatamente sul grande schermo.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Bei personaggi interpretati da ottimi attori.
  • Carrisi crea un vero e proprio mondo, suggestivo e originale.
  • Un prodotto italiano di genere così curato e ricco non si vedeva da tempo immemore.
  • I risvolti della trama sono prevedibili.
  • Nel passaggio dalla carta allo schermo si perdono elementi importanti a capire bene la trama con il risultato che compaiono buchi di sceneggiatura.
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L'uomo del labirinto, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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