Hunger Games: La Ragazza di Fuoco, la recensione

Dopo la vittoria nei 74° Hunger Games, Katniss e Peeta sono impegnati nel cosiddetto “tour della vittoria”, un viaggio promozionale che li trasporterà in tutti i Distretti di Panem per incontrare i loro fans e tenere discorsi che facciano crescere negli ascoltatori il loro senso di appartenenza al Sistema. Eppure il tour sembra avere un effetto contrario nel pubblico, che vede nei due giovani una speranza di cambiamento, di salvezza. Per scongiurare una rivolta che sembra essere nell’aria, il Presidente Snow indice in via straordinaria una 75° edizione degli Hunger Games come “Edizione Commemorativa”, che invece del classico sorteggio dei tributi questa volta comprenderà i vincitori delle passate edizioni, intenti a scontrarsi l’uno contro l’altro in una nuova arena irta di trappole. Per Katniss è nuovamente il momento di mettersi in gioco.

Le vie per la distopia sono infinite. Società fondate sulla repressione, mancanza di libertà individuale, dittatura fisica e intellettuale, mondi indesiderabili di cui la fantascienza si è nutrita e si nutre quotidianamente fin dagli inizi del secolo scorso, raggiungendo l’apice nel 1948 con il capolavoro di George Orwell 1984. Inquadrare, dunque, un futuro dominato da una forma di governo totalitaria e terroristica è una tendenza che accompagna il genere fantascientifico da anni e anni e sembra non passare di moda, catalizzando così in mondi e realtà immaginarie tutti quei sentori negativi, quelle paure e quei timori che quotidianamente e universalmente ci affliggono. Tra le ultime e più efficaci incarnazioni “commerciali” dell’ideale distopico letterario – tramutatosi in cinematografico – c’è la saga di Hunger Games, inaugurata nel 2008 con il primo romanzo scritto da Suzanne Collins divenuto in brevissimo tempo un fenomeno di culto tra il pubblico young adult. Dal successo editoriale a quello cinematografico il passo è stato breve, anche se per nulla scontato, visto che solo pochi fenomeni editoriali riescono a replicare la loro fortuna anche al cinema. Fatto sta che Hunger Games, diretto nel 2012 da Gary Ross, ha cominciato a mietere record d’incassi un po’ ovunque arrivando, a fine corsa, a totalizzare una cifra pari a quasi 687 milioni di dollari nel mondo. Dopo Harry Potter e Twilight il cinema ha dunque trovato una nuova saga letteraria da spremere per bene.

Ma è ingiusto liquidare Hunger Games come semplice fenomeno modaiolo per ragazzini perché, pur non raccontando nulla di realmente nuovo, Suzanne Collins è riuscita a creare un universo complesso, popolato da personaggi credibili e incentrato su dinamiche appassionati che si fa anche veicolo di messaggi importanti e affatto banali. La “magia” è stata bene o male riportata con successo anche al cinema e al buon film di Gary Ross si aggiunge ora un altrettanto riuscito sequel, Hunger Games: La ragazza di fuoco.

Katniss e Peeta sfilano nella cerimonia di inaugurazione dei 75° Hunger Games

Katniss e Peeta sfilano nella cerimonia di inaugurazione dei 75° Hunger Games

Presentato fuori concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma tra un’accoglienza inquietantemente calorosa dei fans, La ragazza di fuoco presenta un cambio in cabina di regia che vede Ross sostituito da Francis Lawrence, già incline a riduzioni cinematografiche da opere letterarie cult con Constantine e Io sono leggenda. Una sostituzione indolore, visto che quando parliamo di blockbuster di tale portata difficilmente la personalità registica riesce davvero ad emergere. Fatto sta che La ragazza di fuoco funziona, intrattiene per la sagace impostazione avventurosa, porta a un livello successivo i personaggi e non fa rimpiangere l’opera letteraria d’origine, considerando che la stessa Collins ha un ruolo primario in quanto produttrice esecutiva.

Così come accadeva con il primo film, La ragazza di fuoco è idealmente scindibile in due tronconi: c’è una prima parte introduttiva e preparativa e una seconda più propriamente d’azione. Nella prima ora troviamo i nostri due protagonisti Katniss Erverdeen (Jennifer Lawrence) e Peeta Mellark (Josh Hutcherson) alle prese con il successo dato dalla loro vittoria agli Hunger Games. Ironicamente in modo simile a come accade nella realtà ai due attori che vestono i panni dei protagonisti, Katniss e Peeta sono soggetti a estenuanti tappe nelle piazze dei vari distretti che compongono Panem per salutare il pubblico, ma ovviamente l’intento dell’intera operazione è sempre il controllo e l’induzione alla sottomissione del popolo, che in questa fase non deve essere spaventato ma “distratto” con falsi miti, così da essere facilmente influenzato dal Sistema che ha sede a Capital City, in dinamiche neanche troppo velatamente affini a quello che accade alle odierne platee televisive. Il paradosso che accade in La ragazza di fuoco e che porta direttamente al cuore del film con l’annuncio dell’Edizione della Memoria dei giochi è che i tour di Katniss e Peeta invece che anestetizzare le masse le scaldano e le portano all’insurrezione. Gli animi e le coscienze si destano e quindi c’è bisogno di un nuovo monito per i dissidenti: anche gli eroi possono cadere e ogni speranza può spegnersi in un attimo con l’uscita di scena dei simboli della rivolta.

Hunger Games La ragazza di fuoco immagine 2

Finnick cerca di fare conoscenza con Katniss

I 75° Hunger Games sono così un evento fuori dal comunque: la vita di ogni vincitore delle passate edizioni viene rimessa in ballo e il meccanismo stavolta è particolarmente sadico perché alla difficoltà data dalla maggiore esperienza di ogni partecipante si uniscono trappole mortali che infestano l’arena e che movimentano non poco l’azione. Nella seconda parte, La ragazza di fuoco assume un ritmo forsennato che tra nebbie corrosive, maremoti e scimmie killer riuscirà ad accontentare un po’ tutti. Ma il bello di questo sequel è che al maggiore approfondimento dei due personaggi protagonisti e al loro ambiguo rapporto, unisce una schiera di nuovi e riusciti personaggi che comprendono l’impavido Finnick (personaggio particolarmente amato dai fans dei romanzi) interpretato da Sam Claflin, l’abile stratega Beetee (Jeffrey Wright), l’imprevedibile Johanna Mason (Jena Malone) e l’oscuro neo-despota Plutarch Heavensbee (Philip Seymour Hoffman). Pochi dettagli ma efficaci per creare personaggi che si insinuano immediatamente nell’immaginario dello spettatore. Poi, ovviamente, tornano la brava Jennifer Lawrence post Oscar e Josh Hutcherson, che qui ha sicuramente più carisma in confronto al film precedente. Il vero amore di Katniss, Gale, interpretato ancora una volta da Liam Hemsworth, compare pochissimo in questo sequel e la produzione del film, con nostra sorpresa, sembra sempre meno interessata a puntare l’attenzione sull’eventuale triangolo amoroso.

Anche stavolta la violenza è celata per contenere una storia dai connotati decisamente estremi in un PG 13, confermando quel leggero senso di frustrazione nel vedere tante belle occasioni da gore e ultra-violenza liquidate con fuori campo ed edulcorazioni varie, ma la gestione registica dell’azione in questo secondo capitolo è decisamente migliorata.

E ora aspettiamo il capitolo finale, Il canto della rivolta, che come ormai da tradizione per i capitoli finali delle saghe di ispirazione letteraria, arriverà diviso in due parti, nell’autunno 2014 e 2015.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Ottimo compromesso tra azione e introspezione.
  • Buoni risvolti per i personaggi principali e riuscita caratterizzazione per quelli secondari.
  • Bel cast capitanato da una Jennifer Lawrence in grande forma.
  • Come sequel non ha nulla da invidiare al primo capitolo.
  • Anonimo nello stile e nella regia.
  • La violenza insita nel racconto è sempre tenuta in secondo piano.

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