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Sanctuary – Lui fa il gioco. Lei fa le regole, la recensione
Uomo, donna, schiavo, padrona.
Attorno a questa associazione di generi e ruoli ruota Sanctuary – Lui fa il gioco. Lei fa le regole, l’opera seconda da regista di Zachary Wigon, presentato in concorso alla 17ª Festa del Cinema di Roma e dal 25 maggio 2023 al cinema distribuito da I Wonder Pictures.
In una stanza d’albergo si presenta una giovane donna: bionda, in abiti formali, affascinante. Ad attenderlo c’è Hal che deve siglare con lei un importante documento che conta condizioni particolari. Le domande della donna si fanno sempre più intime, imbarazzanti, ma ben presto le carte vengono allo scoperto: lei è Rebecca, una dominatrice sessuale che sta recitando un copione redatto dallo stesso Hal, proprietario dell’albergo in cui si trovano e dell’intera catena di cui fa parte, inoltre lui è uno schiavo sessuale, di lei cliente abituale. Ma a servizio concluso, Rebecca invece di andar via pensa di ricattare Hal: vuole metà del suo stipendio annuo o diffonderà on line un video che lo ritrae durante un gioco di sottomissione.
As Bestas – La terra della discordia, la recensione
Antoine e Olga sono una coppia francese di mezza età che, dopo una vita di lavoro in città, decide di comprare una fattoria in Galizia dove dedicarsi alla coltivazione di prodotti della terra. La loro unica figlia Marie Denis non sembra entusiasta della scelta dei loro genitori e rimane in città per crescere il suo bambino, ma li appoggia in questa inusuale svolta nella loro vita. L’impatto con la nuova sistemazione non è però dei migliori e Antoine cade immediatamente sotto le mire poco ospitali dei paesani, in particolare due fratelli che abitano nell’appezzamento di terra confinante alla sua. Inizia tutto con battibecchi e piccoli dispetti, ma abbastanza velocemente la situazione degenera e le votazioni per l’istallazione di pale eoliche nel paese fa deflagrare il conflitto tra Antoine e Olga e i loro vicini di casa.
La stranezza, la recensione
Il teatro raccontato dal cinema sembra essere diventato uno sfizioso trend di alcune recenti produzioni italiane che uniscono uno sguardo d’autore al linguaggio della commedia. Se da una parte abbiamo nuovi adattamenti di classici del teatro popolare, come le opere di Eduardo De Filippo rifatte da Mario Martone (Il Sindaco del Rione Sanità) e Edoardo De Angelis (Natale in Casa Cupiello, Sabato domenica e lunedì, Non ti pago), dall’altra abbiamo le vite dei grandi autori di teatro raccontate in maniera più o meno agiografica, come accaduto, rimanendo in territorio partenopeo, in Qui rido io di Mario Martone sulla vita di Eduardo Scarpetta e I fratelli De Filippo di Sergio Rubini. A quest’ultima categoria, ma con uno percorso ancora differente, si aggiunge La stranezza, il film di Roberto Andò dedicato alla figura di Luigi Pirandello in un preciso momento della sua carriera.
Amsterdam, la recensione
Cinque candidature agli Oscar (tre come regista, due come sceneggiatore), David O. Russell si è ritagliato negli ultimi dieci anni un posto di tutto rispetto nella Hollywood che conta, da quando con The Fighter si è imposto come autore di “serie A”. Questo nonostante la sua carriera sia cominciata comunque a metà anni ’90 (tra gli altri, ha scritto e diretto il cult con George Clooney Three Kings) e abbia anche la fama di essere un vero “stronzo” sul set, con i suoi attori. Però è dal 2015 che David O. Russell era lontano dal set, ovvero dal bellissimo Joy con Jennifer Lawrence, sette lunghi anni durante i quali il regista e sceneggiatore ha dato vita alla sua opera più complessa e ambiziosa, Amsterdam.
Triangle of Sadness, la recensione
Vincitore alla 75ª edizione del Festival del Cinema di Cannes e presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Best of 2022, Triangle of Sadness è il nuovo film del regista svedese Ruben Östlund, il primo in lingua inglese.
Già vincitore a Cannes nella sezione Un Certain Regard nel 2014 con Forza Maggiore e Palma d’Oro nel concorso principale nel 2017 con The Square, Östlund nel nuovo film dà vita a una satira di 142 minuti che prende in giro il capitalismo, divisa in tre atti in continuità tra loro ma ambientati in setting diversi, in cui il cui filo conduttore sembrano essere i temi del denaro, del lavoro e dei ruoli di potere e di genere.