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Dopo la guerra, la recensione

Siamo a Bologna nel 2002. Nell’università risuonano le proteste per la riforma del lavoro, mentre un giudice viene assassinato. La responsabilità politica dell’atto criminale viene attribuita a Marco (Giuseppe Battiston), militante di estrema sinistra, condannato per omicidio, che ora vive in Francia da 20 anni, grazie alla Dottrina Mitterand (in vigore dal 1985 al 2003) che concedeva il diritto d’asilo. Quando il governo italiano ne chiede l’estradizione, Marco deve fuggire insieme alla figlia 16enne, nata e cresciuta in Francia, Viola (Charlotte Cétaire). La vita dei due precipita, portando nel baratro anche quella della famiglia italiana di Marco, che, da un giorno all’altro, si trova costretta a pagare per le sue colpe passate, in maniera completamente ingiustificata.

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Manifesto, la recensione

Il Manifesto è un documento programmatico di un movimento o di una corrente politica, artistica o religiosa, che ne espone regole e princìpi e le sottopone al giudizio pubblico. Nozione importante, da tenere a mente, per un’attenta e produttiva fruizione dell’opera Manifesto di Julian Rosefeldt, presentata in origine come un’istallazione filmica di tredici canali, nel 2015.

Entriamo in sala e subito siamo immersi nel Manifesto del Partito Comunista raccontato da un senza tetto, nei motti dadaisti recitati da una vedova ad un funerale, nel Dogma 95 descritto da una maestra ai suoi alunni, e così via.

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Nico 1988, la recensione

Christa ha ormai raggiunto la mezza età. Fra un’intervista e un concerto in periferia promuove i suoi ultimi lavori. Ai giornalisti risponde che non vuole raccontare del suo passato, ciò che conta è la sua carriera attuale. Non le canzoni con i Velvet Underground. Non Lou Reed.

Non vuole neanche essere  chiamata con il nome che l’ha resa famosa: Nico. Lei ora è Christa e vuole raccontare la sua storia.

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Glory – Non c’è tempo per gli onesti, la recensione

Negli ultimi anni il cinema bulgaro ha risentito di un considerevole miglioramento della sua reputazione internazionale. In primo luogo grazie a pellicole intimiste o dai tratti autoriali, capaci di inserirlo pienamente nel solco di certo cinema europeo molto apprezzato sopratutto nei grandi festival internazionali (Cannes, Venezia, Berlino). Basti pensare ad opere come Il Mondo è Grande e la Salvezza è in agguato dietro l’angolo di Stephan Komandarev del 2008 o L’Isola di Kamen Kalev del 2011, che risulta essere proprio una produzione franco-bulgara.

Una giusta configurazione ed una netta politica autoriale emersa a partire dalla fondazione del Centro Nazionale di Cinematografia di Sofia nel 1991, a seguito della fine del regime comunista.

Se prima di allora il cinema bulgaro poteva sostanzialmente dividersi in pellicole di puro intrattenimento o di critica al regime (sopratutto negli anni ’80), ora il tracciato sembra ben definito all’insegna della tradizione del cinema d’autore europeo (strizzando l’occhio ai vicini rumeni ed alla loro idea di cinema).

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La principessa e l’aquila, la recensione

Aisholpan è una ragazza di 13 anni e fa parte di una famiglia nomade che vive nella parte mongola dei monti Altaj, una zona in cui una tradizione in particolare molto sentita viene tramandata di padre in figlio da secoli: la caccia con le aquile. Un’usanza tutta maschile in una società dove le donne sono ritenute troppo deboli per poter anche solo pensare di cimentarsi in qualsiasi tipo di attività al di fuori dei lavori casalinghi. Ma per Aisholpan la questione è diversa. Cresciuta fin da piccola con il mito dei cacciatori di aquile, decide di voler far parte di quel mondo andando contro una tradizione millenaria.

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Biografilm 2017: Io danzerò, la recensione

La prima volta che la incontriamo Loïe Fuller è stremata, inerme, avvolta in un fascio di teli bianchi. Pensando alla leggiadra figura che è destinata a diventare risulta quasi banale ricondurre questo primo fugace incontro al bozzolo da cui è destinata a uscire. Seconda metà dell’800. Louise cresce insieme al padre in una tipica fattoria del nord America. Boschi, praterie e bestiame fanno parte della sua quotidianità, ma Louise sente di desiderare qualcosa di più, coltivando fin da giovanissima la passione per danza e teatro. Alla morte del padre decide di raggiungere la madre a Brooklyn, tentando di iniziare quella carriera artistica che la porterà a diventare, grazie alla sua Serpentine dance, una delle pioniere del balletto moderno.

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Liberami, il documentario sugli esorcismi in Italia arriva in DVD

Presentato lo scorso anno alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Orizzonti, dove si è aggiudicato il primo premio, Liberami è un documentario di quelli che vanno in voga in Italia in questi ultimi anni, diciamo da quando Gianfranco Rosi ha rivoluzionato il linguaggio di questo genere con il suo Sacro GRA, che proprio a Venezia si aggiudicò il Leone d’Oro. Ora il film di Federica Di Giacomo, dopo un fugace passaggio nei cinema all’indomani della vittoria, esce finalmente in home video grazie alla sinergia tra I Wonder Pictures, CG Entertainment e Mustang Entertainment.

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Frank e Dragon Blade in Blu-ray Disc per Koch Media

Tra le numerose uscite home video di cui mensilmente si occupa la Koch Media, vi segnaliamo oggi due prodotti interessanti e molto differenti tra loro: da una parte abbiamo la commedia d’autore con Frank, folle film musicale del regista di Room Lenny Abrahamson, dall’altra Dragon Blade – La battaglia degli Imperi, action storico che unisce Oriente e Occidente, con star del calibro di Jackie Chan, John Cusack e Adrien Brody.

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Parola di Dio, la recensione

Una brutta parola come fondamentalismo può aiutarci a capire meglio alcune nefaste tendenze del mondo di oggi. Dal Bataclan a Boko Haram, la perversione di un’idea, la sua interpretazione ottusa e assolutista, la sua disonesta deformazione avvelenano il panorama della contemporaneità e colorano il futuro di tinte fosche. Una brutta parola come fondamentalismo si adatta bene all’universo inquietante e tristemente credibile di Parola di Dio.

Lo sfondo del film è la Russia contemporanea, e cristiano (ortodosso) è il pensiero religioso sottoposto in questo caso al pericoloso trattamento estremista.

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Liberami, la recensione

Da diversi anni a questa parte il cinema italiano sta vivendo un nuovo periodo d’oro grazie al documentario, un filone da sempre un po’ snobbato e di non facile fruizione per il pubblico medio, ma in grado di entrare in territori che il cinema di finzione non sarebbe in grado di approfondire più di quanto non abbia già fatto all’interno dei suoi confini narrativi. Un esempio lampante di ciò che stiamo dicendo è Liberami di Federica Di Giacomo, vincitore della sezione Orizzonti all’ultima Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia, che racconta un mondo tanto inquietante quanto interessante e ricco di contenuti sociologici come quello dell’esorcismo e il rapporto fra i fedeli e il demonio.

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