American Hustle – L’apparenza inganna, la recensione

New Jersey, fine anni ’70. Irving Rosenfeld è uno dei più audaci e determinati truffatori del Paese e la sua attività procede in maniera ancora più rosea da quando si è messo in società con Sydney Prosser, che è anche la sua amante. Ma, seguendo il principio secondo cui i successi a volte sono intervallati da sconfitte, Irving e Sydney vengono intercettati dai federali e ogni loro aspirazione va a rotoli. Ma l’agente Richie DiMaso offre loro una condizione vantaggiosa: dovranno collaborare con la giustizia per incastrare alcuni uomini politici locali corrotti e potranno così avere uno sconto di pena. Ovviamente Irving e Sydney non possono rifiutare e così mettono in atto una truffa epocale sotto copertura con la collaborazione delle forze dell’ordine.

“Alcuni dei fatti narrati nel film corrispondono a realtà”.

Con questa frase si apre American Hustle – L’apparenza inganna, il nuovo film di David O. Russell, che mette subito su un piatto d’argento le intenzioni sfrontate e brillanti a cui il film aspira dichiarandoci che solo qualche cosa degli incredibili eventi narrati corrisponde al vero… ma cosa? La sceneggiatura dello stesso Russell e di Eric Warren Singer si rifà molto liberamente al caso “Abscam”, il nome in codice con il quale venne indicata una missione compiuta dall’FBI sul finire degli anni ’70. Allarmati dalla dilagante corruzione politica che impestava alcuni ambienti alti americani, gli agenti dell’FBI John Good e Anthony Amoroso hanno collaborato con il truffatore Mel Weinberg per mettere in atto un‘operazione segretissima e sotto copertura che permettesse loro di incastrare alcuni uomini politici offrendo laute tangenti. Questa è la base di verità da cui parte American Hustle, tutto il resto – a cominciare dai nomi dei personaggi – è falso, ad eccezioni dei dettagli più folli che il film ci tiene a sottolineare. Eh già, perché l’apparenza inganna in tutti i sensi in questo film e l’imprevedibilità è la parola d’ordine. Giocando con determinati elementi cari al cinema delle “truffe” e non dimenticando ben assestati colpi di scena, David O. Russell coglie perfettamente nel segno e non solo realizza il suo miglior film, ma porta sul grande schermo una delle migliori pellicole di questo inizio anno.

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Come è già accaduto per The Fighter e Il lato positivo, di cui American Hustle è un ideale proseguo stilistico e tematico, David O. Russell punta gran parte dell’attenzione sulla costruzione di personaggi magnifici, complessi e sfaccettati, ricchi di sfumature, personaggi ai quali è impossibile non affezionarsi durante lo scorrere dei minuti e che a fine corsa si ha la sensazione di conoscere da una vita. Una grande abilità di scrittura, che si palesa anche in dialoghi brillanti scritti molto bene e su un incastro di eventi condotto con perizia e in cui ogni tassello sta funzionalmente al suo posto. Insomma, American Hustle si fa forte della classica “sceneggiatura di ferro” e non è un caso che la prima stesura – che portava il titolo di American Bullshit – scritta da Eric Warner Singer fosse nella black list dei migliori script già nel 2010.

Ma si diceva dei personaggi. American Hustle è come una mappa di caratteri di Cluedo pur non essendo un giallo: ogni personaggio è fortemente caratterizzato, ha i suoi scheletri nell’armadio, una ragione per agire nel bene e nel male, ma allo stesso tempo ognuno è fondamentalmente un buono, un puro di cuore, in piena linea con la poetica del regista di Il lato positivo. Dal truffatore Irving Rosenfeld (Christian Bale), ladro di professione e fedifrago, all’agente DiMaso (Bradley Cooper), uomo di legge particolarmente sadico, passando per le due femme fatales Sydney (Amy Adams) e Rosalyn (Jennifer Lawrence), una amante e l’altra moglie di Irving Resenfeld, ognuno di loro è quanto di peggio la società americana possa covare in seno eppure allo stesso tempo si tratta di persone che agiscono per ideali ben precisi, per lo più mirati a nobili fini che prevedano la propria o l’altrui riuscita. E l’emblema di questa schizofrenia caratteriale dei sta in un personaggio secondario ma cardine, il sindaco Carmine Polito (Jeremy Renner), obiettivo dell’FBI e “vittima” della truffa, un uomo corrotto che incarna il nemico da combattere, ma allo stesso tempo un sindaco esemplare che tiene con estrema sincerità al meglio possibile per la sua città e al benessere dei suoi elettori. Insomma, torniamo sempre lì, l’apparenza inganna sempre e comunque.

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Ma se American Hustle è questo grande film molto del merito va anche agli interpreti scelti che quasi commuovono per la bravura e la professionalità che infondono alle loro performance. Ogni attore è perfetto per il ruolo che ricopre e alcuni di loro (Bale, Lawrence, Cooper) vengono da passate esperienze con David O. Russell e questo si nota nel loro essere perfettamente a loro agio con personaggi bizzarri che li trasformano anche nel fisico (si veda Christian Bale in particolare, l’attore trasformista per eccellenza). Una menzione particolare va ad Amy Adams, attrice magnifica che in questo caso riesce a donare al suo personaggio – Sydney Prosser, co-truffatrice e amante di Irving – un’ambiguità, un fascino e una sensualità che forse sono tra i dati che più si ricorderanno da questo particolarissimo parco di personaggi.

American Hustle colpisce nel segno, un film complesso e divertente, ottimamente scritto e magnificamente interpretato che conferma il talento di uno dei registi attualmente più sorprendenti di Hollywood.

Da vedere e rivedere.

Roberto Giacomelli

A questo link puoi leggere il resoconto dell’incontro che il regista David O. Russell ha avuto con la stampa romana e vedere in esclusiva un estratto video dalla conferenza.

PRO CONTRO
  • Sceneggiatura di grande qualità.
  • Scelta degli attori certosina e performance di primissimo livello.
  • Altissimo coinvolgimento spettatoriale.
  • Amy Adams.
  • Qualche minuto in meno non avrebbe guastato.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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