Venezia80. Nina dei lupi, la recensione

Presentato in anteprima come proiezione speciale dell’edizione 2023 di Giornate degli Autori, nel primo giorno dell’80ª Mostra del Cinema di Venezia, Nina dei lupi è uno di quei rari casi – che oggi giorno sono sempre meno rari – di film italiano di genere fantastico realizzato con mezzi e attori di un certo peso.

Ma il rapporto che il cinema italiano contemporaneo ha con il genere fantastico è davvero ambiguo, quasi conflittuale. Perché se da una parte abbiamo autori come Gabriele Mainetti e Matteo Garrone con un Lo chiamavano Jeeg Robot e Freaks Out o un Il racconto dei racconti e Pinocchio a nobilitare al massimo questo magnifico universo fatto di immaginazione, dall’altra ci sono tante altre produzioni medio-alte che non ce la fanno ad emergere realmente, spesso impantanate in una logica di marketing inesistente o completamente sbagliata o, ancor peggio, da un iter realizzativo e da maestranze che non sembrano a loro agio con il genere che stanno affrontando.  

Purtroppo, anche Nina dei lupi si auto-destina a questo limbo di fanta-film incerti, che hanno tutti i requisiti per spiccare il volo ma sembrano costantemente timidi nel mostrare le loro carte migliori.

Una tempesta solare rende inutilizzabile qualsiasi apparecchiatura elettronica in tutto il pianeta. Lo stesso giorno, una neonata di nome Nina viene ritrovata sulla montagna nei pressi di un piccolo paese. Dopo il catastrofico e misterioso evento atmosferico che tutti chiamano “la sciagura”, la civiltà come la conosciamo si sgretola, le risorse scarseggiano e tra gli esseri umani vige la legge del più forte. In questa desolazione, il paese di Nina resta però miracolosamente un mondo a parte e la ragazzina cresce con un forte legame con la natura, che la porta a essere vista da molti come strega per via degli strani fenomeni che accadono in sua presenza. Ma quando una banda di predoni invade il paese, decimando brutalmente la popolazione e soggiogando i superstiti, Nina ormai adolescente riesce a fuggire nei boschi, impara la sopravvivenza in montagna e la convivenza con i lupi, nonché a comprendere i suoi misteriosi poteri.

Tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Bertante, Nina dei lupi rappresenta la terza regia cinematografica del figlio d’arte Antonio Pisu, già regista di Nobili bugie e di EST – Dittatura Last Minute, nonché co-fondatore della casa di produzione Genoma Film.x

Il regista affronta il tema fantastico che sta alla base di Nina dei lupi in maniera un po’ incerta… mi spiego meglio. Siamo alle prese con un fantasy post-apocalittico che sconfina nel survival-movie avventuroso, ma a differenza di un’opera come La terra dei figli, che aveva una forte connotazione autoriale fin dalle premesse, qui si è immersi da subito nel genere puro. Però, allo stesso tempo, Nina dei lupi non fa mai il grande passo per essere un vero fantasy post-apocalittico né un survival-movie avventuroso, ma rimane sempre al margine, realisticamente castrato da ambizioni produttivamente non raggiungibili ma forse anche a causa di poca dimestichezza del team creativo con il genere di riferimento.

Il film ruota molto attorno alla figura della protagonista, interpretata dalla brava Sara Ciocca, e del suo difficile rapporto con i suoi coetanei nonché la strana attrazione che ha per la Natura. Attorno a questo personaggio c’è un alone di mistero ben gestito, una “strega” che forse è un “messia” ma che potrebbe anche essere una creatura dagli istinti bestiali. L’unica certezza è che questa sua particolarità sarà determinante nel corso degli eventi.

Il problema è che i poteri di Nina poi non emergono mai realmente durante il film, le domande sul suo passato sono molte di più delle risposte che arrivano e quella che poteva essere una sorta di berseker finisce per non manifestarsi mai realmente lasciando con un pugno di mosche la curiosità e la voglia di sense of wonder dello spettatore.

Ma un po’ tutto il film è così! Guardare Nina dei lupi è come assistere a un paio di episodi di The Walking Dead, ma senza zombi e senza violenza, con personaggi inseriti in un contesto d’emergenza, il sorgere di conflitti, il viaggio di uno di loro fuori dalla comunità, in fuga ma anche alla ricerca del proprio passato. Tutto ciò con un climax finale ben più deludente in confronto all’attesa.

Va assolutamente fatta una menzione particolare per Sergio Rubini che interpreta il viandante Fosco, un personaggio ambiguo e stratificato che è tanto accomodante nei modi quanto misterioso nelle intenzioni. Oltre alla buona caratterizzazione del personaggio, va dato atto all’attore di origini pugliesi di avergli dato volto e voce in maniera credibile e molto intensa, un vero e proprio personaggio inedito nella sua carriera.

Nel complesso, comunque, Nina dei lupi si difende molto bene anche nel comparto prettamente tecnico grazie alla bella fotografia di Marco Ferri e la gestione perfetta delle location naturali, trovate in Trentino, nei comuni di Ala e Vallarsa.

Insomma, c’è troppo spesso quella patina di “vorrei ma non posso” quando in Italia si affronta il genere, oppure “posso ma non sono del tutto convinto di farlo” e i risultati danno origine ad opere riuscite a metà. Nina dei lupi conferma la regola.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Sergio Rubini e Sara Ciocca, il primo soprattutto recita un ruolo inedito per lui.
  • Il comparto tecnico generale.
  • È un film indeciso su che strada prendere e, di conseguenza, non ne prende nessuna.
  • Ci mette molto a entrare nel vivo della vicenda e quando ci entra è troppo tardi.
  • Una gestione difficoltosa della componente prettamente fantastica.
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