A Classic Horror Story, la recensione

Avete presente tutti quei tòpoi del genere horror che gli sceneggiatori prendevano (e molte volte ancora prendono) come punti fermi per costruire attorno le macro-sequenze dei loro film? Del tipo: una coppietta è impegnata a fare sesso e quindi sarà la vittima sacrificale del prossimo omicidio del serial killer a piede libero; un gruppo di amici è a far baldoria in casa e un rumore in cantina attira l’attenzione di uno di loro che, rigorosamente solo, andrà a vedere cosa è stato per morire malamente. Etc, etc. Insomma, tutti quegli elementi che si usano per dar vita a “una classica storia horror”.

Sappiamo che il cinema di genere ha più volte riflettuto su se stesso generando anche dei film magnifici diventati in breve tempo dei nuovi classici, basti pensare alla saga di Scream o Quella casa nel bosco, ma sappiamo anche che la continua evoluzione del linguaggio cinematografico dà modo al cinema stesso di ripetersi senza essere ripetitivo. Ed è proprio partendo da questo concetto che nasce A Classic Horror Story, il film targato Netflix e Colorado Film che parte proprio da una serie di suggestioni del cinema del brivido già note per virare, poi, verso imprevedibili direzioni di nuovo orrore.

L’intento di Roberto De Feo e Paolo Strippoli è palesemente ricalcare la struttura di Quella casa nel bosco di Drew Goddard, che nel 2012 aveva sorpreso tutti gli appassionati di cinema horror per un intelligente miscuglio di splatter, ironia e citazionismo mai fine a se stesso. Quindi i due registi, dei quali ricordiamo De Feo per l’ottimo esordio di due anni fa con The Nest – Il nido, hanno un obiettivo ben preciso in testa: offrire allo spettatore certezze, disorientarlo strada facendo, poi stupirlo con il gran finale. A Classic Horror Story centra due dei tre obiettivi risultando ben costruito nel rimarcare il già visto, incredibilmente avvincente nell’impresa di disorientamento, ma debole proprio quando deve sorprendere il suo pubblico.

A Classic Horror Story ci presenta un variegato gruppo di carpooler in viaggio sul camper di Fabrizio verso la Calabria. Un improvviso ostacolo sul percorso, però, manda il camper fuori strada mentre stanno attraversando di notte un sentiero in mezzo al bosco e, dopo aver perso coscienza, i carpooler si ritrovano la mattina dopo in una radura, lontano dalla strada principale, parcheggiati davanti a una fatiscente casa di legno. Come sono finiti lì? Come fanno a tornare in strada? Chi vive in quella casa? Dopo ore di vane ricerche, con i cellulari fuori uso e inquietanti totem disseminati nel perimetro della radura, i ragazzi decidono di intrufolarsi nell’abitazione che a prima vista sembra disabitata. Ma il misterioso suono di una sirena preannuncia l’inizio di un vero e proprio incubo.

Che Roberto De Feo fosse un appassionato di cinema horror, oltre che un ottimo professionista del settore, lo sapevamo già, Paolo Strippoli invece è qui al suo primo lungometraggio e forse A Classic Horror Story appartiene più a lui che al collega. Si evince già dai primi minuti del film una fame di horror, una voglia di mostrare al mondo intero la propria conoscenza del genere, delle regole, dei capisaldi di quell’immaginario grondante sangue. Se alcune battute che fanno riferimento al cinema dell’orrore appaiono infantili ed evitabili esche meta-cinematografiche (“Pennywise non si nutre di bambini, ma di paura”; “Sembra La Casa di Sam Raimi”), il modo come vengono costruite e gestite le situazioni che rimandano a questo o quel film è invece esemplare. Inquadrature che richiamano il capolavoro di Tobe Hooper Non aprite quella porta (come quella che segue Yuliia Sobol dal fondoschiena come accadeva a Teri McMinn), riferimenti più o meno espliciti ai noti folk-horror The Wicker Man e Midsommar, la sirena che annuncia la morte come in La notte del giudizio e Silent Hill, quest’ultimo ripreso anche nell’iconografia di uno dei carnefici dotato di pesante martello trascinato sul pavimento. E via dicendo, “saccheggiando” con gusto e professionalità per un motivo ben preciso che non è mai fine a se stesso ma parte integrante di questa folle storia.

Insomma, A Classic Horror Story convince e conquista nella fase di preparazione e incertezza sul cosa ci aspetta, gettando le basi anche per una originale lettura allegorica di uno dei più grandi mali che affliggono il Belpaese, le mafie. Vengono introdotti tre personaggi della tradizione popolare italica, Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i tre fratelli che secondo un’antica leggenda hanno dato vita a Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra, qui venerati e mostrati con inquietanti maschere di legno che flettono i volti in orribili smorfie.

Lì dove A Classic Horror Story inciampa è proprio l’ultimo atto, quello rivelatorio, che appare meno originale di quello che sarebbe voluto essere e si incastra in un eccesso di grottesco (enfatizzato dall’overacting di qualcuno) che non si lega con le atmosfere seriose che lo precedono. Insomma, è come se il film a un certo punto cambiasse pelle, in peggio. Anche se la sequenza che chiude A Classic Horror Story è molto suggestiva e il “joke” che accompagna i titoli di coda è davvero simpatico.

Una confezione di gran pregio, che si avvale soprattutto di una fotografia calda e ricca d’atmosfera firmata da Emanuele Pasquet, belle musiche e un buon comparto attoriale capitanato dall’affascinante e sempre molto brava Matilda Lutz, che i fan dell’horror ricorderanno come combattiva protagonista di Revenge e The Ring 3. Insomma, se non fosse per qualche scricchiolio di scrittura e un terzo atto non all’altezza dei due precedenti, A Classic Horror Story sarebbe potuto benissimo essere “a classic of horror history”.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Ottima confezione: dalla regia alle musiche, passando per fotografia, cast ed effetti speciali.
  • Buona gestione delle situazioni horror più classiche.
  • Un epilogo inferiore alle aspettative.
  • Dialoghi a volte infantili.
  • Almeno un caso di overacting che non aiuta.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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A Classic Horror Story, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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