Borderlands, la recensione
Il mondo dei videogiochi sembra fare particolarmente gola ai produttori dell’intrattenimento audiovisivo perché, al di là dell’effettiva realizzazione di film o serie, gran parte dei titoli distribuiti su console (ma spesso anche su smartphone) vengono opzionati per una trasposizione. Anche i più improbabili. E mentre siamo ancora freschi del successo della prima stagione di Fallout su Prime Video, nei cinema arriva Borderlands che deriva da una saga action-RPG inaugurata nel 2009 e arrivata a 3 capitoli “principali” più diverse “espansioni” per un totale già di 8 titoli.
Quando la figlia del magnate industriale Atlas scompare sul pianeta Pandora, l’uomo assolda la cacciatrice di taglie Lilith per ritrovarla. Oltre ad essere la migliore nella sua professione, Lilith è nata e cresciuta su Pandora e quindi sa perfettamente come muoversi. Ma Pandora, anche se si presenta come un pianeta discarica in balia di bande armate di predoni, è anche meta di ricercatori e curiosi perché ospita in un luogo misterioso un’antica cripta che, si dice, custodisca il potere degli Eridiani, una razza aliena che ha vissuto sul pianeta molti anni prima degli attuali insediamenti. Lilith dovrà, suo malgrado, fare squadra con un gruppo di disadattati collegati in qualche modo ad Atlas per portare in salvo la ragazzina e sopravvivere ai mille pericoli di Pandora.
Dietro il film di Borderlands c’è Eli Roth, che l’ha diretto e scritto insieme a Joe Crombie, ma toglietevi dalla testa l’Eli Roth splatter di Hostel, The Green Inferno e Thanksgiving, qui siamo piuttosto dalle parti de Il mistero della casa del tempo, quindi un film che guarda in direzione di un pubblico di ragazzini pre-adolescenti. Il videogame di Gearbox e 2K Games non è esattamente un prodotto per bambini, nonostante la grafica cartoonesca, ma per la sua trasposizione cinematografica si è deciso di abbassare drasticamente il target, un po’ come accaduto con Five Night at Freddy’s. E se ho citato l’horror della Blumhouse non è un caso perché, artisticamente parlando, Borderlands è un disastro pari se non peggiore.
Nonostante ci sia una certa fedeltà nella trama del film con quella del primo capitolo videoludico, Borderlands di Eli Roth non ha nulla a che spartire con l’immaginario, l’azione e l’estetica del videogame ma sembra quasi inserirsi in quei progetti suicidi stile primo Uwe Boll dove il riferimento a un brand era quasi uno specchietto per le allodole. Cioè, si vede che Eli Roth conosce il materiale di partenza (a differenza di Uwe Boll che, evidentemente, realizzava il film su Alone in the Dark senza aver mai giocato al videogioco), ma si nota anche una certa difficoltà nel rendere cinematografico un contesto come quello narrato nell’RPG d’azione; e davvero serve a poco una sequenza di pochi secondi in cui si replica un’azione FPS se poi tutto il resto sembra semplicemente la versione discount di Guardiani della Galassia. Perché, essenzialmente, il film di Borderlands non ha neanche un briciolo di personalità, ma è un fanta-action che taglia e cuce suggestioni prese da film più grossi e di successo per dar vita a un prodotto anonimo che dimenticherete appena usciti dalla sala del cinema.
C’è un po’ di Mad Max, un pizzico di Star Wars e Fuga da New York, tanto Guardiani della Galassia, perfino qualcosa di Dune (ma per questo è colpa già del videogame) assemblato senza fantasia e con un ritmo talmente forzatamente forsennato da risultare noioso, con battutine e ammiccamenti ogni due minuti. Se già il primo videogame non brillava per scrittura, il film è decisamente svantaggiato dal fatto di essere… un film! Lo spettatore non può interagire con quello che guarda e deve anche sorbirsi una sfilza di personaggi piatti e stereotipati all’inverosimile che fanno e dicono cose di cui si perde qualsiasi interesse già nei primi minuti.
Per di più, Borderlands è un esempio di casting privo di qualsiasi logica. Se Ariana Greenblatt di Barbie e 65 – Fuga dalla Terra ci sta perfettamente nel ruolo di Tiny Tina e Jack Black è solo la voce del petulante robot Claptrap (che ha una personalità pericolosamente simile a quella di Jar Jar Binks!), appare incomprensibile la presenza di Cate Blanchett nel ruolo della protagonista Lilith e anche Jamie Lee Curtis e Kevin Hart in ruoli di comprimari si faticano a spiegare. Cioè, appare proprio strano trovare nomi così grossi, vincitori di Oscar e con un pubblico molto affezionato in ruoli di spessore in un film così, ehm, diciamo mediocre.
Tra l’altro i tre attori appaiono anche abbastanza inadatti ai ruoli che vestono, per stazza (Kevin Hart è il mercenario Roland, nel videogame un energumeno tutto muscoli) e per età (Jamie Lee Curtis è Tannis che sul videogioco ha almeno 30 anni di meno dell’attrice). Ma anche Cate Blanchett, che il reparto costumi e parrucco ha cercato di rendere più simile possibile a Lilith, è fin troppo in là con l’età per il suo personaggio e decisamente impacciata per le tante scene d’azione, dove gli stunt e una brutta CGI hanno fatto tutto il lavoro.
Dunque, non solo Borderlands è un brutto film a sé stante e un adattamento mal riuscito di un videogame, ma è anche la peggiore opera, ad oggi, firmata da Eli Roth. Un disastro…
Roberto Giacomelli
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