Non mi uccidere, la recensione

Non chiamatelo Twilight italiano, per favore. Nonostante la pigrizia e l’ignoranza di certa stampa, alimentata da alcune sottili scelte di marketing sicuramente fuorvianti, Non mi uccidere non ha davvero nulla a che fare con i romanzi di Stephenie Meyer e la conseguente saga cinematografica.

Non mi uccidere è l’adattamento del primo (dei tre) romanzi di Chiara Palazzolo (scomparsa nel 2012) dedicati alla sopramorta Mirta/Luna, una trilogia che illustra le difficoltà della crescita esplorando un mondo oscuro fatto di sangue, morte e riscatto. A dar forma filmica al primo di questi romanzi, i cui diritti sono stati opzionati oltre un decennio fa, è Andrea De Sica regista del suggestivo I figli della notte (2017) e della serie Netflix Baby, da cui arriva anche Alice Pagani che dà volto alla protagonista Mirta.

Non possiamo bollare Non mi uccidere con la generica classificazione di “thriller”, neanche definirlo riduttivamente “teen drama”, sicuramente non si tratta di una storia romantica tout court, ma quello di Andrea De Sica è un horror vero e proprio che fa suoi gli elementi distintivi del genere e spinge molto il pedale del gore come da molto non si vedeva in un film italiano mainstream.

Mirta e Robin sono adolescenti e stanno insieme. Lui è un tossicodipendente con tendenze autolesioniste e lei, introversa e di buona famiglia, è completamente assoggettata al suo fascino a tal punto che accetta di morire insieme al suo ragazzo con la convinzione che entrambi torneranno dall’aldilà più forti e appassionati di prima. In effetti Mirta torna, ma non è più la stessa di prima: per non decomporsi deve nutrirsi e l’unico alimento che il suo corpo non rigetta è la carne, umana. Dopo l’iniziale rifiuto della sua nuova natura, Mirta accetta questa condizione e scopre di non essere l’unica “sopramorta” e che ci sono degli uomini che danno la caccia ai suoi simili da millenni.

Non mi uccidere

«Dormire tutto il giorno. Festeggiare tutta la notte. Non invecchiare mai. Non morire mai. È bello essere un vampiro»

Recitava il claim di Ragazzi perduti, il cult generazionale di Joel Schumacher che gettava un fascino inedito sul mito del vampiro rendendolo particolarmente appetibile ai più giovani. Non mi uccidere sembra guardare decisamente in quella direzione, raccontandoci di una particolare razza di creature immortali, chiamate sopramorti, che si avvicina davvero tanto al vampiro con alcune importanti variati: la luce del sole non uccide, i sopramorti possono anche muoversi di giorno, ne i simboli sacri possono ferirli, non sono legati in alcun modo alla religione. Per ferirli sono utili scariche elettriche e il fuoco e per farli fuori bisogna farli a pezzi oppure lasciarli senza cibo per un periodo prolungato, visto che il loro corpo marcirebbe. Inoltre, non si nutrono di sangue ma di carne, preferibilmente umana. Cannibali, dunque, proprio come i cari zombi nella variante creata da George Romero.

Non mi uccidere

Il film di Andrea De Sica, scritto insieme a Gianni Romoli – che nell’horror mancava dai tempi del capolavoro Dellamorte Dellamore – e al collettivo GRAMS, è schietto e diretto, forse anche troppo semplice nel condensare la complessità introspettiva del romanzo della Palazzolo. Però, in questo suo minimalismo, Non mi uccidere trova anche una efficacia cinematografica, dal momento che il fulcro di tutto è il classico coming of age che porta la protagonista dall’adolescenza all’età adulta, condito da dipendenza affettiva e un pizzico di riscatto femminile, temi esplorati dal cinema in lungo e in largo tanto da non risultare particolarmente incisivi. Invece il film, riducendo l’impianto introspettivo, si concentra sull’azione, trova momenti di rara efficacia spettacolare e una concessione generosa al gore. Non mi uccidere non risparmia allo spettatore sangue e frattaglie, una scena d’azione in un corridoio a colpi di martello (omaggio a Park Chan-wook?) e non rare scene di nudo che danno al film una sua dimensione di genere che nel cinema italiano mainstream, in questi termini, vediamo davvero di rado.

Non mi uccidere

Molto brava Alice Pagani, che comunque aveva già dimostrato di sapere il fatto suo sia come co-protagonista di Baby che nella breve ma pregnante apparizione in Loro di Paolo Sorrentino; se la cava bene anche Rocco Fasano, che interpreta Robin e arriva dalla serie per ragazzi Skam Italia, anche se avergli voluto dare un look “a la Twilight” a tratti non lo fa prendere sul serio. In piccole ma significative parti troviamo Anita Caprioli (è la mamma di Mirta) e lo Spadino di Suburra Giacomo Ferrara (è Ago, amico fraterno di Robin).

Sicuramente Non mi uccidere non è un prodotto memorabile e ancora incompleto per essere giudicato con fermezza, vista la sua natura introduttiva a una storia in divenire, ma colpisce in quanto prodotto di genere che mancava nel panorama italiano, a tratti perfino coraggioso nel suo essere così targettizzato, e sicuramente competitivo anche su uno scenario internazionale.

Il film sarà disponibile dal 21 aprile per l’acquisto e il noleggio su Apple Tv app, Amazon Prime Video, Youtube, Google Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film & TV e per il noleggio su Sky Primafila e Mediaset Play Infinity.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un horror italiano mainstream coraggioso nel far un utilizzo “selvaggio” del genere.
  • Alice Pagani è brava.
  • Va diritto al sodo e intrattiene.
  • Semplifica molto l’impianto introspettivo proprio del romanzo.
  • Aver dato a Robin il look di Edward di Twilight non gli gioca a favore.
  • Se non vi piace l’horror e partite con l’idea che in Italia non sappiamo fare il cinema di genere, evitate proprio di guardare Non mi uccidere: il problema ce l’avete voi, ma di certo questo film non potrà smentirvi.
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