Archivio tag: festival di venezia 2016

Venezia 73: The Bad Batch

In un mondo distopico, Samantha (Suki Waterhouse) è una giovane scartata dalla società regolare e scaricata oltre confine dove non esistono più leggi. Qui viene catturata e mutilata da una comunità di cannibali intenzionati a farne il loro pasto. Riuscirà a scappare, ma trovare il proprio posto in questo nuovo mondo non è così facile. L’incontro con Joe (Jason Mamoa), sarà rivelatorio. 

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Venezia 73: Gukoroku – Traces of Sin

In questa edizione 2016 del Festival del Cinema di Venezia la parola esordio sembra far rima con delusione, almeno per quanto visto finora. A confermare tale andamento questa volta è il giovane regista giapponese Kei Ishikawa che con la sua opera prima Gukoroku – Traces of Sin, presentata all’interno della sezione Orizzonti, confeziona un thriller deludente, pretenzioso per larghi tratti e che mostra una conoscenza addirittura approssimativa del genere. Un film, insomma, che tra tanti sbadigli e momenti morti interminabili, scorre via a fatica e ha deluso non poco anche i fan più incalliti del cinema orientale.

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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Venezia 73: The Young Pope

The Devil wears Pope.

Un sottotitolo tanto ironico quanto calzante per descrivere i primi due episodi di The Young Pope, la nuova serie targata Sky diretta da Paolo Sorrentino. Non perché Pio XIII sia letteralmente un’incarnazione malvagia, ma, esattamente come la Miranda Prisley di Meryl Streep, possiede i caratteri accentuati dell’intransigenza della spregiudicatezza, è facilmente irritabile e comicamente malvagio.

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Brimstone, la recensione

La vita di Liz (Dakota Fanning), giovane madre muta, viene sconvolta dall’arrivo in città del Reverendo (Guy Pierce), un uomo misterioso che inizia a perseguitare lei e la sua famiglia. Dal passato riemerge qualcosa di terribile, che la donna pensava ormai essere stato sepolto per sempre.

Presentato in concorso alle 73esima edizione della Mostra dell’arte cinematografica di Venezia, Brimstone di Martin Koolhoven, è l’ultima cosa che potresti immaginarti di trovarti in gara in un festival di questo tipo.

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Venezia 73: Prevenge

Per coloro che hanno sempre trovato Senti chi parla un po’ inquietante, Prevenge dell’attrice e ora regista inglese Alicia Lowe, sarà la conferma che sentire in testa la voce del proprio figlio, è di base un brutto segno.

Ruth (interpretata dalla stessa Alicia Lowe) lo scopre nel peggiore dei modi, quando rimasta incinta perde il marito coinvolto in un incidente durante una scalata. Ancora in grembo, la sua bambina inizia a parlarle, convincendola che i colpevoli della morte del padre sono gli altri membri del gruppo che lo accompagnavano e che lei deve vendicarlo trovandoli e ammazzandoli tutti.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Venezia 73: The Bleeder

Philippe Falardeau (oggi insignito del premio Persol: Tribute to Visionary Talent Award) esordisce a Venezia con un film un po’ troppo sotto tono per raccontare la vita di Chuck Wepner, venditore di alcolici del New Jersey che entrò nella storia il 24 marzo 1975, quando resistette quindici round contro il campione dei pesi massimi Mohamed Alì.

Quando si parla di cinema bisogna fare attenzione anche solo a nominare un capolavoro come Rocky (1976, Sylvester Stallone), figuriamoci se ne si comprano i diritti d’autore per inserirlo dentro il proprio film. Dovremmo ricordarlo un po’ tutti a Philippe Falardeau, regista (ma non sceneggiatore) di The Bleeder, ovvero la storia di Chuck Wepner, ovvero colui a cui si ispirò Sylvester Stallone (senza nemmeno pagargli un centesimo, come viene ribadito anche in questo film) quando iniziò a scrivere uno dei più grandi film di sempre. E in effetti questa pellicola sembra un po’ nascondersi dietro al fantasma di Rocky, sin dai titoli di apertura con un esplicito richiamo.

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Venezia 73: El Cristo Ciego

Sicuramente il film che più farà discutere fuori dalle sale veneziane, El Cristo Ciego di Christopher Murray si presenta in punta di piedi alla 73 Mostra del Cinema di Venezia (per lui neanche un piccolo ritaglio nel giornalino distribuito al Festival) e lascia un po’ tutti (positivamente) perplessi.

Chile, giorni nostri. Michael è un ragazzo orfano di madre che vive nella Pampa del Tamarugal, porzione della vasta regione del Grande Norte circondata dal deserto del Chile. Sin da piccolo egli è convinto di essere stato illuminato da Dio mentre camminava per il deserto assieme ad un amico, lo stesso amico che ora si è trasferito e si è rotto una gamba. Appresa questa notizia, Michael decide di attraversare il deserto per arrivare nella nuova sistemazione dell’amico e guarirlo compiendo un miracolo. Accompagnato dalle risate di scherno della gente del suo villaggio, il ragazzo saluta il padre (che lo ammonisce di non far più ritorno a casa) e va incontro al suo destino.

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Venezia 73: Les beaux jours d’aranjuez

Wim Wenders e Peter Handke si risiedono a tavolino dopo ventinove anni (Il cielo sopra Berlino, 1987) per adattare la celebre pièce del drammaturgo austriaco a un film 3D dal carattere fortemente esistenzialista.

A cosa serve utilizzare la tecnica del 3D per produrre una pellicola interamente ambientata nel giardino di una villa nell’ile-de-France? Se ve lo state chiedendo, vuol dire che il cinema di Wim Wenders non fa per voi.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Venezia 73: Geumul – The Net (Il prigioniero coreano)

Dopo aver vinto il Leone d’oro nel 2012 con Pietà il regista coreano Kim Ki-Duk torna a  Venezia con Geumul – The Net.

La storia è quella di un pescatore nordcoreano che ogni mattina esce in mare a caccia di cibo per sé e la famiglia; un giorno però il motore si inceppa lasciandolo preda della corrente, la cui forza è tale da fargli sorpassare la linea di confine tra i due stati rivali. Come da procedura egli viene inizialmente arrestato e interrogato per capire se è una spia, dopodiché la polizia del Sud cercherà di portarlo sulla strada della diserzione. E sarà proprio durante quest’ultima fase della procedura (non troppo distante dalla Cura Lodovico presentata da Kubrick in Arancia Meccanica) che Chul-woo verrà a conoscenza di un mondo dove “ogni bambino ha un cellulare” e una donna è costretta a prostituirsi per dare da mangiare alla propria famiglia. Queste esperienze sconvolgeranno infatti il protagonista, che rivaluterà il significato di “essere liberi.”

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