Venezia 72. Toto-Leone: chi vincerà?

Il concorso ormai si avvicina alla fine. Gli ultimi due film sono stati presentati ieri sera, 11 settembre. E’ stata una delle edizioni più accese degli ultimi tempi.

La parola chiave della 72esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è: sperimentazione. Nel bene o nel male, sono state presentate tutte opere altamente sperimentali, con lo sguardo rivolto in avanti, verso il progresso. Nessuna aveva la pretesa di essere il futuro, ma hanno cercato tutte di mostrarci come potrebbe essere.

Per alcuni, ci sono stati più fischi che altro, ma è una diretta conseguenza della sperimentazione. Un autore che tenta di fare qualcosa di nuovo di addossa un rischio più grande, soprattutto oggi quando fare del buon cinema diventa sempre più difficile.

Ma veniamo ai pronostici: quest’anno le carte in tavola sono cambiate più di una volta. Durante i primi giorni di Festival, dopo film autoriali poco riusciti, sembrava che il Leone d’oro fosse già nelle mani di The Danish Girl di Tom Hooper. Film incentrato sulla vera storia di Einar Wegener, primo uomo diventato donna, il film ha ricevuto parecchi applausi in sala. Nonostante sia un film più classico, anche se visivamente pittoresco, oltre ad una storia commovente, aveva dalla sua il fatto di avere raggiunto i suoi obiettivi, sebbene piuttosto semplici. Per un po’ è sembrato quindi che il Festival dovesse terminare con la vittoria di un cinema più classico, un ritorno alle origini, perché le nuove tendenze rischiavano di diventare sempre più lacunose. Due film, però, hanno in seguito cambiato le carte in tavola: Rabin, The Last Day di Amos Gitai e 11 minutes di Jerzy Skolimowski. Il primo è un film giudiziario molto particolare, incentrato sull’assassinio di Yitzhak Rabin, il secondo una bellissima metafora visiva sull’inafferrabilità del tempo. Va ricordato, inoltre, che sia Gitai che Skolimowski sono due registi di lunga carriera, oltre che veterani della mostra, entrambi ancora senza Leone d’oro.

Mentre, in chiusura della mostra, voci di corridoio danno per favorito Behemoth di Zhao Liang, un documentario sul lavoro in miniera, strutturato come un viaggio dantesco. Se vincesse quest’ultimo, però, sarebbe un po’ un déjà-vu (il film ricorda un po’ due ex Leoni: Sacro Gra e Urga-Territorio d’amore).

Leone d’argento, o ai già menzionati sopra, a seconda di chi vincerà gli altri premi, oppure ad Abluka. Mentre il Gran Premio della Giuria potrebbe andare forse a 11 minutes, oppure ad Anomalisa o Heart of a Dog. E qui un possibile outsider potrebbe essere il film di Bellocchio, Sangue del mio sangue, l’unico italiano che rischia di vincere qualcosa.

Per le Coppe Volpi, il discorso si fa più complesso. Pensiamo agli attori: tolto il fatto che difficilmente verrà premiato un attore troppo noto o già fresco di Oscar come Eddie Redmayne o Christopher Plummer, la sfida potrebbe essere tra due attori latino-americani: Guillermo Francella, attore di El Clan, o Alfredo Castro, interprete di Desde allá. Tra gli interpreti maschili più apprezzati, si fa anche il nome di Fabriche Luchini per L’hermine. Ma esiste anche la possibilità che il premio vada a pari merito ai due attori turchi di Abluka, o ad uno dei due.

Quanto alle attrici, in pole position c’è naturalmente Juliette Binoche, sebbene il film L’attesa di Pero Messina abbia un po’ diviso la critica. C’è anche il fatto che ha già vinto in passato, è un’attrice troppo nota, e il film dà troppo l’aria di essere stato scritto apposta per lei. Quindi, andrebbero tenute in considerazione, oltre a Catherine Frot per Marguerite, anche due bravi attrici scandinave Alicia Vikander e Sidse Babett Knudsen, rispettivamente per The Danish Girl e L’hermine. Un’altra possibilità potrebbe essere quella di ritenere premiabile l’interpretazione in stop-motion di Jennifer Jason Leigh per Anomalisa. La sua è un’interpretazione a tutto tondo e difficilmente verrà premiata in altra sede, la giuria potrebbe tener conto di questo fatto.

Per la migliore sceneggiatura, considerando che c’erano poche buone sceneggiature, il campo si restringe a El Clan, Anomalisa e Abluka. Campo ristretto anche per il Premio Mastroianni, tutto giocato tra Peter Lanzani (El Clan), Abraham Attah (Beasts of No Nation) e Lou De Laage (L’attesa).

Infine, il Premio Speciale della Giuria, entrato in vigore da solo un paio d’anni, potrà essere assegnato forse a Marguerite o a Heart of a Dog. Ma un possibile outsider potrebbe essere anche Francofonia di Sokurov.

E ora non resta che aspettare…

Claudio Rugiero

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