Scream, la recensione del quinto film

In un’epoca in cui la nostalgia per il passato, nell’immaginario popolare cine-televisivo, è l’unica strada che premia le grandi produzioni hollywoodiane, un ritorno di Scream è pressoché inevitabile. Nessuna saga come quella con Ghostface è riuscita, infatti, a catturare e riflettere sugli umori del pubblico a cui si rivolge creando dei piccoli gioielli di brivido e ironia che hanno avuto origine con quel capolavoro diretto da Wes Craven nel 1996. Ora, all’alba del 2022, mentre quegli umori ci dicono che lo spettatore è pronto ad accettare di buon grado un ritorno alle origini per alcune iconiche saghe degli anni 80 (Ghostbusters), 90 (Matrix) e perfino 2000 (Spider-Man), si profila puntuale l’inquietante e dissacrante ombra di Ghostface per un quinto divertentissimo, intelligente e spaventoso capitolo della saga di Scream.

Una ragazza sta aspettando in casa l’arrivo della sua migliore amica quando il telefono squilla e una voce suadente la invita a fare un gioco cinefilo. È questo il topico inizio di Scream, oggi come venticinque anni fa, che sfocia presto in violenza. Ma Tara stavolta sopravvive all’aggressione e sua sorella Sam torna in città per prendersi cura di lei: ad aggredire la ragazza è stato un misterioso individuo con indosso il costume di Ghostface, iconico personaggio della saga di film horror Stab ispirata a fatti realmente accaduti proprio nella loro cittadina, Woodsboro, che hanno già dato vita undici anni prima a un ulteriore massacro tra giovani esaltati. Le aggressioni non si fermano, la stessa Sam è vittima di Ghostface ma riesce a sfuggire e un bullo del paese viene trovato morto nel parcheggio di un pub. Woodsboro sprofonda nuovamente nell’incubo e Sam, insieme al suo ragazzo Ritchie, decide di chiedere aiuto all’unica persona che può realmente consigliarli sul da farsi, l’ex sceriffo Dwight Riley, conosciuto come Linus, scampato ben quattro volte alla furia omicida di Ghostface.

Se nel 1997 in Scream 2 si teorizzava sulle regole dei sequel, nel 2000 in Scream 3 sui principi che muovevano le trilogie e nel 2011 in Scream 4 sulle basi dei remake, il quinto film sta al passo coi tempi e parla di requel, ovvero reboot-sequel, quel tipo di film che utilizza la materia di un film esistente senza esserne un remake ma neanche una vera e propria continuazione temporale degli eventi. Gli Studios, oggi, ci vanno a nozze con questi prodotti perché sono il giusto compromesso tra l’accontentare i fan di vecchia data e l’introduzione di un franchise collaudato a una nuova generazione di pubblico.

E Scream 5, pardon, Scream, che fa? Quello in cui è sempre riuscito bene: teorizza su questa pratica sfruttando il marchio immaginario di Stab come esempio concreto, parlando così del cinema di oggi in un modo arguto e ficcante come nessuno riesce a fare. In pratica Scream 5, pardon, Scream, è tutto quello che sarebbe voluto essere Matrix Resurrections ma in cui non è riuscito, incartandosi su se stesso.

Oggi il cinema horror che piace ai “giovani”, quello di successo, è Babadook, Hereditary, The VVitch, un cinema che offre spunti di riflessione che va oltre il mero genere e non si concentra solo su morti ammazzati e sangue a ettolitri, è la stessa Tara nell’introduzione di Scream (5) a dirlo, pur non ritenendosi un’appassionata di cinema horror. Non c’è più realmente spazio per lo slasher seriale, tanto che la saga di Stab, ferma al capitolo 8 diretto da “quello di Cena con delitto” è stato un flop, soprattutto a causa dei pesanti stravolgimenti agli elementi basilari della saga che hanno fatto infuriare i fan (in una clip vediamo che in Stab di Ryan Johnson, che ha eliminato perfino la numerazione – l’8 – dal titolo, Ghostface ha una maschera di metallo, utilizza un lanciafiamme e fa arti marziali con tanto di tunica sbracciata). L’horror che piace allo spettatore duro e puro, al fan nostalgico, non c’è più e a salvare il genere non saranno di certo remake fallimentari in partenza come quello di Black Christmas e di Linea mortale, come dichiara apertamente l’appassionata cinefila di turno.

Dunque ci risiamo, Scream parla di se stesso e del mondo cinematografico che lo circonda ed è tutto perfetto, un’analisi lucida, un po’ cinica ma onesta, che ci dice perché l’unico modo per aver successo al cinema è un ritorno alle origini, essere come Il risveglio della Forza e non avventurarsi in territori scomodi come Gli ultimi Jedi. Un ritorno alle origini che nella lezione impartita brillantemente da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett (alla regia) e James Vanderbilt e Guy Busick (alla sceneggiatura) significa guardare al passato con rispetto, non sostituirsi mai ad esso e creare un filo narrativo che leghi le novità agli elementi della tradizione. Se i personaggi principali di Scream (5) sono nuovi di zecca e capitanati da Sam Carpenter (Melissa Barrera), Tara Carpenter (Jenna Ortega) e Richie Kirsch (Jack Quaid), a far loro da mentori tornano Sidney Prescott (Neve Campbell), Linus (David Arquette) e Gale Weathers (Courtney Cox), nonché lo sceriffo Judy Hicks (Marley Shelton), unica new entry del quarto film ad essere sopravvissuta. Il focus è sulla gioventù, ma i veterani sono centrali tanto nello sviluppo narrativo quanto nell’approccio stesso alla storia.

Bettinelli-Olpin e Gillett, che avevano già diretto il mockumetary La stirpe del male e il riuscitissimo Finché morte non ci separi, dimostrano di aver imparato alla perfezione la lezione del loro mentore Wes Craven, a cui dedicano il film oltre che omaggiarlo in paio di occasioni, e il loro Scream riesce a condensare in circa due ore tutto quello che i fan hanno sempre amato della saga, dall’ironia cinefila agli eccessi di violenza che in questo quinto capitolo assume i connotati più cruenti dell’intera saga.

I luoghi di Scream, i personaggi, le musiche, le tematiche e il fil rouge che ne ha sempre legato gli eventi ci sono davvero tutti in questo quinto film, un omaggio accorato e rispettoso, una celebrazione intelligente e sagace ma anche una continuazione ricca di trovate che non sono mai originali ma perfettamente in linea con il contesto in cui nascono.

Amici fan, salutiamo con un urlo il nuovo Scream perché sono riusciti a dar vita a un requel davvero ben fatto!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’ironia, l’intelligenza e la cinefilia della saga di Scream tornano per un omaggio accorato che è anche un ottimo film di spavento.
  • È il più cruento della saga.
  • Vecchio e nuovo convivono perfettamente e naturalmente.
  • Se vi aspettate reali novità rimarrete delusi.
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